29/06/11

Fluidità Corporea - Un racconto di Valerio Evangelisti

FLUIDITÀ CORPOREA 
Un racconto di Valerio Evangelisti

1.
Vi hanno mai detto “Guarda che faccia da delinquente”? Io me lo
sono sentito dire tante volte che ho perso il conto, da quando una graffetta tiene ferma la mia effigie in un dossier criminale. Ciò che è paradossale è che, ora che sono morto, di me non è rimasta che la faccia, destinata a sopravvivere, per decenni se non per secoli, nella foto segnaletica che mi fece la polizia quando mi arrestò. E per decenni o per secoli chiunque vedrà quella foto ripeterà: “Guarda che faccia da delinquente”.
 2.
Non  aspiravo  a  questa  semi-immortalità.  Me  la  sono  ritrovata  addosso  senza  averla  preventivata.  Direte:  è  ciò  che accade normalmente con le fotografie. Sì, però una foto segnaletica non è una rappresentazione oggettiva. Ti raffigura  in  un  attimo  della  tua  vita  particolarmente  drammatico. Non c’è oggettività: se l’identikit è essere prigionieri della soggettività altrui, la foto segnaletica è l’essere prigionieri del proprio tormento e della propria umiliazione.

Black By Design: la razza mista di Pauline Black

Black By Design
  • Pianificare la propria vita rispetto ai bisogni essenziali delle proprie aspirazioni
  • Consolidare i valori morali 
  • Non disperdersi nelle relazioni con gli altri
  • I conflitti generazionali non hanno più senso
  • Amministrare la propria vita: guadagnare soldi per reinvestirli
  • L'individuo è un unità piccola,mobile,intelligente..
  • Non avere paura del potere,non è che un ruolo
  • Apprendere e padroneggiare le proprie emozioni
  • In questi tempi,essere assolutamente normali,che non vuol dire essere conformisti. Aggressività ridotta al minimo
  • Apprendere e ballare lo skank-rock



  • Bilanciare le braccia avanti e indietro, ma penzolanti e alzatele il più alto possibile, come la danza 'skank' dei rasta giamaicani. Lanciare le gambe, appoggiandovi alternativamente sulla punta o sul tallone del vostro piede. Piegare il busto in avanti. Stop. Indietro. Stop. Poi riprendete senza lasciarvi andare, conservando una certa rigidità robotica, inspirata a Psycho Killer dei Talking Heads. Gambe febbrili, corpo rigido, braccia sciolte: ballate lo skank-rock. Colonna sonora? Semplice: Specials, Beat (English Beat), Selecter, Madness..


    "Coventry era una cittadina oscura al centro del paese. Tutto è cominciato lì. Il brano The Selecter è stato inciso prima che tutta questa storia iniziasse. Quando gli Specials incisero Gangster avevano i soldi solo per fare un lato. Qualcuno ci chiese se volevamo mettere il nastro di The Selecter sulla side B e tutto è iniziato così. Fu il 45 giri che inaugurava la 2Tone Records ed entrò in classifica, cosa impensabile per una piccolissima etichetta, tanto che la Crysalis si fece avanti e si prese l'esclusiva inglese della 2Tone. nel contratto firmato dagli Specials c'era la clausola che potevano scritturare altri gruppi di loro scelta e far incidere loro dei dischi. Cosi i Madness ebbero l'opportinità di pubblicare The Prince, i l loro primo singolo e dar vita all'ondata dello ska mod revival.."
    P. Black

    Tre dischi live sul piatto (o nel IPod) , per comprendere ancora di più quel misto di bianco e di nero, di antico e moderno che la 2Tone seppe cosi bene rappresentare. Specials, Beat, Selecter, Bad Manners, Desmond Dekker a celebrare la storica etichetta, la Motown dello ska revival e uno stile sonoro, estetico e politico immediatamente riconoscibile, tre  raccolte piene di gioia di vivere, un pò di cinismo e malinconia e dal sapore aspro di birra..


     Three_Minute_Heroes

     Feel Like Jumping

     Easy Snappin Hits
     

    INTERVISTA ■ LA VOCALIST DELLA BAND INGLESE THE SELECTER ■
    Esce ad agosto «Black By Design», attesa autobiografia dell’artista di origini africane.
    (S.Frasca, da ALIAS)



    Nel 1979 nella città in-glese di Coventry nacque il colletti-vo musicale 2-Tone che univa in-sieme le anime ska e punk rock del suo fondatore Jerry Dammers, tastierista degli Specials, una delle band seminali del movimento. Il collettivo era impegnato a ridise-gnare un sistema sociale e culturale nel quale i principi della tolleranza interraziale costituissero il fondamento per una sana convi-venza civile in un paese prostrato dalle rivolte etniche. Pauline Black fu la prima donna di razza mista a partecipare al dibattito sollevato dalla 2-Tone che nacque come etichetta discografica ma che in breve tempo divenne uno dei simboli più efficaci per la promozione dei diritti civili. «Una volta vomitai tutta la colazione su una pila di lenzuola bianche che mia madre aveva appena finito di stirare, sembrava un quadro di Pollock. Lei non si divertì affatto, ma ancora una volta era per colpa sua, non avrebbe dovuto dirmi che ero stata adottata». Scrive Pauline in Black By Design. Oggi la cantante e attrice inglese di origine africana ha 57 anni e ha da poco terminato un fortunato tour italiano con la sua band storica The Selecter in attesa di ritornarvi a settembre. Il prossimo 4 agosto la Serpent’s Tail, una piccola casa editrice che ha pubblicato molti autori del Rinascimento nero di Harlem, pubblicherà la sua autobiografia. A giudicare dal tono dell’intervista che segue il libro si preannuncia di formidabile lucidità politica anche per lo sguardo acuto che l’autrice rivolge ai giorni nostri.

    Qual è la genesi di «Black By Design»?
    Il libro racconta di una ragazza di colore che insoddisfatta della sua educazione da bianca decide di ridisegnare la sua storia fino al punto di farla combaciare perfettamente con il colore reale della sua pelle. Sono cresciuta a Romford e inizialmente ero convinta che avrei dovuto enfatizzare il fatto di essere una ragazza dell’Essex che parla cockney, così l’idea originaria per il titolo era A Bird’s Eye View (Uno sguardo dall’alto, ndr),solo a metà del lavoro ho scelto quello definitivo. Non mi interessava citare il mio cognome nel titolo ma mi piaceva il fatto che in appena tre parole riassumeva il viaggio che ho percorso nel mezzo secolo passato. Si è lavorato molto in questi anni in Inghilterra sull’inserimento dei ragazzi di colore al l’interno di famiglie di bianchi. Oggi si tende a incoraggiare il contatto tra i genitori naturali e quelli adottivi per mantenere vive nella memoria dei ragazzi le proprie origini etniche. Tutto questo non accadeva quando io sono nata. Il mio nome, la mia nascita, la mia stessa identità sono emersi da un archivio che si trova a St. Catherine’s House (l’ufficio dove si conservano gli atti di nascita e morte,ndr) e che rimanda a una nuova identità, a un nuovo nome. La famiglia operaia che mi adottò man-teneva alcuni atteggiamenti razzisti diffusissimi in Gran Bretagna negli anni Cinquanta e dei quali non era nemmeno consapevole. Furono quegli atteggiamenti che contribuirono allo scoppio delle rivolte razziali di Notting Hill. In un ambiente così ostile la mia famiglia adottiva desiderava cancellare il mio colore così mi facevano crescere come una ragazza bianca. Non ce l’ho con i miei genitori, non sapevano fare di meglio.

    Quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro e che difficoltà hai incontrato nella fase di preparazione?
    Due anni, fortunatamente avevo i miei diari a darmi una mano e molti ritagli di giornale. Il libro comincia con i miei primi giorni di scuola quando mia madre ebbe il compito oneroso di dare delle spiegazioni sulle mie origini. Era ovvio anche per lei che tutte le mie compagne di scuola bianche avrebbero focalizzato tutta la loro attenzione su quell’“elefante in classe” e avrebbero notato che ero nera e mi avrebbero chiesto perché ambe due i miei genitori erano bianchi. Dal momento in cui realizzai la condizione “alterata” della mia famiglia ho cominciato a rinnegare la mia vera identità. Da quando avevo 4 anni e mezzo ho visto il mondo in  monocromia, poi negli anni dell’adolescenza ho deciso di ridefinire la mia identità che è nera.Sono andata fino in fondo ribattezzandomi con il cognome di Black e la cosa è riuscita bene.La prima parte del libro si intitola White to Black (Dal bianco al nero) e racconta gli anni dall’infanzia all’università, i miei primi tentativi di entrare nel mondo della musica a Coventry. Gli anni Sessanta furono importanti e belli per noi grazie a slogan come Black is Beautiful o alla nascita di movimenti come il Black Power negli States. A 15 anni ero affascinata dal movimento americano per i diritti civili. Le parole di Malcolm X mi incendiarono e in breve creai un piccolo avamposto nell’Essex in sostegno a quel movimento.Quando ero ragazza in Inghilterra la gente di colore era assente dai programmi in tv e fu nel decennio successivo che i neri cominciarono a manifestare la loro esistenza attraverso la musica. Grazie a Bob Marley mi avvicinai a un certo tipo di musica. Mi buttai a suonare la chitarra nei pub di Coventry. Uno degli Specials mi presentò a una band nascente che si chiamava The Selecter, cominciai subito a cantare con loro. La seconda parte del libro si intitola Black and White (Nero e bianco) e racconta la storia del movimento 2-Tone e del mio coinvolgimento in quel progetto. Con i Madness, gli Specials e soprattutto i Selecter cercavamo di costruire un crossover ska punk nel mondo del pop. Nel giro di 6 mesi ci ritrovammo nella top ten e con un disco d’oro per l’album di debutto. Il progetto 2-Tone era diventato realtà. Neri e bianchi per la prima volta erano uniti grazie a una musica altamente energetica, il nostro movimento stava disegnando il futuro del multiculturalismo in Inghilterra in una maniera ignota prima di allora. Era nato a Coventry ma si diffuse in tutto il mondo come subcultura. Un gran traguardo considerato che la nostra musica stette in classifica solo due anni ma che ha sparso la sua eredità nei trent’anni successivi e brilla ancora come simbolo di armonia razziale. Io ero l’unica donna all’interno del movimento e questo mi ha dato la possibilità di esprimermi pubblicamente come rappresentante della mia generazione. Ho continuato a suonare da sola dopo lo scioglimento dei Selecter nel 1981 (la band si è ricostituita varie volte nel corso degli anni,ndr), volevo essere una “voce nera” anche attraverso altri media come la tv. Ricordo l’entusiasmo di partecipare alla convention del partito democratico a San Francisco nel 1984 quando il reverendo Jesse Jackson fu candidato alle elezioni presidenziali. La terza e ultima parte del libro si intitola Back to Black (Ritorno al nero) e racconta la mia ricerca dei miei genitori naturali. Un’esperienza di indescrivibile intensità. Mia madre era in Australia e mio padre in Nigeria. Oggi i bambini di razza mista sono ovunque, è giusto così perché la mescolanza etnica è l’unica soluzione capace di curarci dal razzismo. Spero davvero che la mia testimonianza ricca di zone d’ombra possa guidare verso una società multiculturale sana.

    Cosa ha significato essere una musicista di colore negli anni Ottanta? Penso a Poly Styrene anche lei di razza mista che ci ha lasciato da poco.
    Era molto difficile farsi sentire all’epoca, specialmente se eri un’artista nera, sono contenta di dire che tutto questo è cambiato nel nuovo millennio. Volevo scrivere canzoni che parlassero di razzismo e sessismo ma senza utilizzare un’immagine sexy, perciò combinai la mia f emminilità con un’attitudine da ragazzo rude. Adoravo Poly Styrene. Era un’artista formidabile con uno sguardo unico sul mondo, la conoscevo e la sua morte mi ha provocato un dolore immenso.
    Dopo trent’anni di militanza qual è la tua opinione sulla musica di oggi? Cosa ti manca dei tuoi esordi?
    Ho visto tanta musica salire e scendere dai palchi ma ho sempre amato la cultura ska e l’esperienza 2-Tone che mi ha insegnato innanzitutto a mantenere una prospettiva politica del mio lavoro. Mi piacciono molto Ami Winehouse, Lily Allen, The Kills, Paloma Faith e Beyoncé. Apprezzo la loro energia. La mia generazione ha lottato per raggiungere questa forza, loro hanno raccolto la palla e giocano la partita a un livello paritario rispetto alla contro parte maschile.





    27/06/11

    Industrial Workers of the World


    27 giugno 1905: 
    Viene fondata la   Industrial   Workers of the World
    Il sindacato 'Industrial Workers of the World', conosciuto dalla storia ancor più con l'acronimo IWW, è stato una significativa e rivoluzionaria articolazione del movimento operaio statunitense. Ideato agli albori del 1905 e fondato a Chicago il 27 giugno dello stesso anno attraverso la redazione dell'Industrial Union Manifesto.Gli attivisti della IWW sono anche conosciuti come 'wobblies', nell'ambivalenza che questa definizione è andata ad assumere: wobblies perchè itineranti nel senso di attraversatori dell'America per la diffusione della lotta operaia e del sindacato, wobblies perchè costretti alla precarietà dal lavoro, dal padrone, dallo Stato.Il contesto dentro il quale ha avuto la forza di emergere ed organizzarsi la IWW è stato quello degli Usa di Woodrow Wilson, tecnocrate classista e razzista che tentò a più riprese di stroncare il movimento operaio statunitense non solamente intensificando l'opera di sfruttamento e controllo, ma soprattutto appoggiandosi al carro dei sindacati padronali, fautori di politiche disciplinanti e repressive, fondate sulla pretesa di negoziazione individuale tra azienda e operaio per l'eliminazione di ogni parvenza di collettività di forza-lavoro.

    La Industrial Workers of the World conobbe la sua migliore stagione ad inizio novecento, con i grandi scioperi dei primi anni venti: per i minatori di McKees Rocks (Pennsylvania, 1909), per i tessili di Lawrence (Massachusetts, 1912), per i setaioli di Paterson (New Jersey, 1913), per i portuali di New York (1920).

    L'ideologia wobblies rappresentò un alveo sperimentale, innovativo e rivoluzionario. Tante furono le campagne che la fecero conoscere e gli permisero di intraprendere dure lotte e grandi vittorie (dalle mobilitazioni contro le discriminazioni nei confronti dei lavoratori migranti alla libertà di parola per poter fare ed essere sindacato!). La IWW perseguiva l'obiettivo della proprietà operaia dell'industria, considerava ogni sciopero come preparativo alla rivoluzione, non cercava un rapporto contrattuale con i datori di lavoro ma preferiva la via del boicottaggio e del sabotaggio.

    Splendida narrazione dei wobblies della IWW, delle lotte operaie americane di inizio novecento, è possibile recuperarla dal romanzo di Valerio Evangelisti, 'Noi saremo tutto'.


    da INFOAUT

     


    26/06/11

    Hack Meeting: Controculture Digitali

    Si svolge in questi giorni HackIt, incontro annuale delle controculture digitali. Un laboratorio autogestito con il pallino della riappropriazione dei saperi. Dal computer alla politica. Passando per la sicurezza degli utenti e le piattaforme per il giornalismo online.

    L’hanno chiamato l'ultimo hackmeeting prima del 2012. Poco preoccupati della fine del mondo, gli hacker italiani si riuniscono da venerdì 24 a domenica 26 giugno al centro sociale nEXt Emerson di Firenze. HackIt, «l'incontro annuale delle controculture digitali italiane», è nato nel 1998, e da allora non ha smesso di portare, ogni anno in una città diversa, centinaia di persone a discutere di computer, reti, crittografia, software libero, politica. Al centro c'è come sempre l'attitudine hacker: metterci le mani, prendere in prima persona il controllo delle tecnologie e non solo...Secondo la comunità che organizza il meeting, «gli hackers sono persone curiose, che non accettano di non poter mettere le mani sulle cose. Che si tratti di tecnologia o meno gli hackers reclamano la libertà di sperimentare. Smontare tutto, e per poi rifarlo o semplicemente capire come funziona. Gli hackers risolvono problemi e costruiscono le cose, credono nella libertà e nella condivisione. Non amano i sistemi chiusi. La forma  mentis dell'hacker non è ristretta all'ambito del software-hacking: ci sono persone che mantengono un atteggiamento da hacker in ogni campo dell'esistente, spinti dalla stesso istinto creativo».
    I tre giorni di Firenze sono animati da seminari, dibattiti,workshop e performance aperti a tutti e gratuite che affronteranno temi quali software libero, intelligenza artificiale, mediattivi-smo, privacy, robotica, diritti digitali, tecnologie di comunica-zione, accessibilità del web, reti informatiche e di relazioni.L’hackmeeting si definisce infatti «un incontro di culture», con il pallino della riappropriazione dei saperi. Se c'è una cosa che agli hacker non piace è quando «la tecnologia e la conoscenza sono centralizzate per interessi economici e politici e in contrasto con le aspirazioni individuali e collettive di autonomia». Certo, il mondo degli hacker è variegato ed eterogeneo, e al suo interno contiene figure diverse come gli hacker che usano le loro competenze tecnologiche per effettuare furti d'identità o per irrompere in sistemi chiusi, così come persone interessate all'uso delle tecnologie informatiche per fini sociali e democratici. Esempi recenti molto famosi di pratiche hacker applicate alla politica sono Wiki-Leaks, che si ispira apertamente all'etica dell'accesso libero all'informazione (tutta l'informa-zione deve essere a portata di tutti), e Anonymous, un gruppo di hacker che non è dotato di una vera e propria organizzazione e che usa la rete per portare attacchi telematici ai siti di corporation e di governi che atten-tano alla libertà di informazione. Per esempio, negli ultimi anni ha preso di mira il governo iraniano per la censura della rete attuata durante le proteste del 2009. Altri gruppi mescolano odio per i governi con voglia di divertirsi. LulzSec è una sigla di hacker americani nati pochi mesi fa che si divertono a penetrare siti governativi. Nelle settimane scorse sono riusciti, per esempio, a bloccare il sito dellaCia e a diffondere dati riservati rubati dai server del Senato degli Stati Uniti (senate.gov). Ma ci sono anche hacker esplicitamente lontani dalla politica e votati al business. In fondo, tra i principali esponenti del mitico Homebrew Computer Club della Silicon Valley degli anni Settanta c'erano niente meno che Bill Gates  e Steve Jobs (vedi l'intervista a Gabriella Coleman nell'articolo a fianco).Ma la comunità italiana che organizza l'hackmeeting è certamente una delle più politicizzate del mondo, nata a stretto contatto con i centri sociali e le contro-culture degli anni Ottanta e Novanta. Per questo mette al centro valori come auto-nomia individuale, accesso alle conoscenze e alle tecnologie, critica ai modelli di gestione buro-cratica e centralizzata delle reti (per tacere della censura...) Il meeting è autogestito e si svolge sempre in spazi sociali, mentre simili incontri nel resto d'Euro-pa o negli Stati Uniti hanno solitamente una componente «corporate», cioè la partecipazione diretta delle aziende informatiche nella loro organizzazione o nel loro finanziamento.La tre giorni fiorentina sarà come sempre organizzata attorno a una lunga serie di workshop,organizzati in modo aperto in rete nei mesi scorsi, in cui si potrà discutere (e imparare) collettivamente. Infatti il fine ultimo degli hackmeeting è sempre l'apprendimento collettivo indirizzato al cambiamento: come possiamo influire sullo sviluppo della società basata su computer e reti informatiche? Quali strumenti ci servono per diminuire le possibilità di controllo sociale e invece aprire spazi di libera collaborazione? Tra i seminari di questa edizio-ne dell'hackmeeting si parlerà del problema della sicurezza nelle chiamate Voip, soprattutto dopo l'acquisto di Skype da parte di Microsoft: come chiamare senza timore di essere intercettati?O ancora, di net economy e sfruttamento da parte delle imprese del web, così come del contributo che la comunità hacker darà al progettato sciopero dei precari  (nel seminario «Sciopero precario: istruzioni nerd per l'uso»).
    Ci saranno incontri sui progetti di cooperazione interna-zionale dal basso che stanno portando le competenze hacker italiane in Marocco e Palestina. Ci sarà una proposta di sviluppo di una piattaforma libera per il giornalismo online che permetta di sfuggire ai ricatti degli editori. Il cuore del meeting sarà il «lanspace», un salone dove ognuno può portare il proprio computer e collegarsi in rete con gli altri,sperimentando, giocando e condividendo gratuitamente i propri materiali. Non una rete pubblica, nel senso che non sarà pos-sibile accedervi esternamente da Internet, né dall'interno si potrà uscire verso Internet, in modo da incoraggiare la condivisione delle conoscenze all'interno del meeting. Inoltre l'edizione del 2011 ha come ospite dall'estero Richard Stallman, fondatore del progetto GNU (il software da cui è nato Linux), pioniere del free software e ispiratore del movimento per la cultura libera e contro la proprietà intellettuale ben al di là del software.Stallman parlerà sabato matti-na con un intervento critico sull'evoluzione del web e del cloud computing, l'infrastruttura distribuita basata su computer connessi in rete che sempre più aziende e progetti informatici stanno sperimentando. In alcuni seminari verranno proposte riflessioni sulla storia del movimento hacker in Italia il primo HackIt si tenne proprio a Firenze nel 1998  nell' ottica del rilancio del movimento verso nuovi lidi. Bisogna «mantenere viva la memoria per ragionare sul presente. Nel futuro ci siamo già stati».
    www.effecinque.org



    25/06/11

    Dizionario del Diavolo


    Nonostante la sua apparente convinzione che illusori sono tutti i fenomeni,Bierces credeva nell'esistenza di qualcosa di reale:la verità. La verità è ciò che accade,appaia o non mera coincidenza. C'è un ordine nelle leggi dell'universo,perché ciò che chiamiamo accidente è,secondo lui,accadimento inevitabile dovuto all'azione di immutabili leggi naturali. Il test della verità è la ragione,non la fede:al tribunale della ragione devono essere sottoposti infatti anche le pretese della fede..


    • ABOMINEVOLE: La qualità delle opinioni altrui
    •  ADDOME: Tempio del Dio stomaco,oggetto di adorazione e di riti sacrificali degli uomini degni di questo nome. Quest'antica fede riceve da parte delle donne solo una timida adesione:accade talvolta che officino al suo altare con scarso entusiasmo e fiaccamente,ma vera reverenza per l'unica divinità che gli uomini veramente adorano non hanno. Se le donne avessero mano libera nei mercati mondiali,la razza umana diventerebbe erbivora
    • AMORE: Stato provvisorio di demenza,curabile con il matrimonio o con l'allontanamento del paziente dagli influssi che hanno prodotto il male. Il quale,come la carie e parecchie altre patologie,è fortemente diffuso solo fra i popoli civili che vivono in condizioni artificiali:i popoli barbari,che respirano aria pura e mangiano cibi semplici sono immuni da questo flagello. talvolta è fatale,la malattia amore,ma più spesso per i medici che per i malati
    • ASTINENTE: Persona debole,che cede alle tentazioni di negarsi un piacere. Astinente totale è chi si astiene da tutto,tranne dall'astinenza stessa e in special modo dal ficcare il naso negli affari altrui
    • BOIA: Uno che fa quanto in suo potere per eliminare le devastazioni della vecchiaia e ridurre le probabilità di morire annegati. Pubblico funzionario con compiti della massima serietà e dignità,tenuto in dispregio da una plebaglia che ha antenati criminali. In alcuni stati americani le sue mansioni sono esercitate oggi da un elettricista. pubblico funzionario che crea suspense
    • BUFFONE DI CORTE: Funzionario un tempo al servizio di una corte reale. Il suo compito era divertire con gesti comici e facezie,la cui assurdità era evidenziata dall'abbigliamento multicolore. l'abbigliamento regale era invece molto dignitoso,sicché ci vollero secoli per capire che il comportamento e i decreti di un sovrano erano abbastanza ridicoli da bastare al divertimento non solo della corte ma dell'umanità. Il buffone era di solito chiamato "il matto",ma i poeti e i romanzieri si sono sempre compiaciuti di rappresentarlo come persona straordinariamente saggia e spiritosa
    • CANNONE: Strumento per la rettifica dei confini nazionali
    • CENSORE: Presso alcuni governi,funzionario che ha il compito di sopprimere le opere geniali. presso i Romani doveva vigilare sulla pubblica morale:ma nei paesi moderni la pubblica morale non tollera vigilanza
    • CERVELLO: Organo con cui pensiamo di pensare. Distingue l'uomo che si accontenta di essere qualcosa da quello che si desidera fare qualcosa. Nella nostra civiltà,e sotto la nostra forma di governo repubblicana,il cervello è tenuto in cosi alta considerazione da essere ricompensato con esonero dalle alte cariche pubbliche
    • COLONNELLO: L'uomo più splendidamente abbigliato del reggimento
    • DANNAZIONE: In teologia,la condizione degli sfortunati mortali condannati prima della nascita. sostenitore di questa dottrina fu Calvino. La soddisfazione che gli dava era in qualche modo guastata dalla sua sincera convinzione che mentre alcuni sono predestinati alla dannazione altri lo sono alla salvezza
    • DEGRADAZIONE: Uno degli stadi del progresso morale e sociale che dalla vita privata conduce ad una carica politica
    • DIAVOLO: Responsabile delle nostre pene e padrone di tutte le cose belle e piacevoli del mondo. fu creato dall'Onnipotente,ma nel mondo fu introdotto da una donna
    • DISONESTA': Elemento importante del successo commerciale,a cui le scuole aziendali non hanno ancora attribuito un adeguato rilievo nel programma di studi,sostituendolo con una disciplina più debole,l'arte dello scrivere
    • ESULE: Uno che serve il suo paese risiedendo all'estero,pur senza essere ambasciatore
    • FATA: Creatura di vario aspetto e di vario potere,che anticamente abitava prati e boschi. Aveva abitudini notturne,amava il ballo e il furto dei bambini. I naturalisti sostengono che le fate siano oggi estinte ma  tale è il potere delle fate di trasformarsi che qualcuno ne vide una mutarsi in due eserciti che si affrontarono sul campo con grande carneficina:l'indomani,dopo che la fata ebbe ripreso le sue fattezze e se ne fu andata,i contadini trovarono sul terreno settecento cadaveri da seppellire,risultato del massacro
    • FEDELTA': Virtù propria di coloro che stanno per essere traditi
    • IDIOTA: Membro di un grande e potente tribù che ha sempre influito ed esercitato controllo sulle vicende umane. L'attività dell'idiota non è limitata ad una specifica sfera di pensiero o azione,ma 'pervade e regola il tutto'. L'idiota ha sempre l'ultima parola,le sue decisioni sono inappellabili
    • IMBECILLITA': Sorta di ispirazione divina o di sacro fuoco,che pervade i censori e i critici
    • IPOCRITA: Chi professa virtù che non pratica e in tal modo si assicura il vantaggio di apparire ciò che disprezza
    • LECCAPIEDI: Funzionario utile,che non di rado si trova a dirigere un giornale
    • POLITICA:  Conflitto di interessi mascherato da lotta di principi. Gestione degli affari pubblici per interessi privati
    • RUMORE: Puzzo nell'orecchio. Musica selvaggia. Prodotto principale e segno distintivo della nostra civiltà
    • WALL STREET: Covo di ladri,e che tale sia è un credo che sostituisce in tutti i ladri falliti la speranza del paradiso...

    (Ogni riferimento a fatti e personaggi esistenti non è puramente casuale..) 








    Roxy Music: For Your Pleasure

    La critica, specie quella inglese, non li ha mai troppo amati,ha sempre avuto un attidudine negativa,sopratutto nei riguardi di Bryan Ferry, al quale non ha mai perdonato il fatto di provenire dalla classe operaia,di aver frequentato l'università e di apparire nelle cronache del jet set. Lo hanno sempre considerato come un tradimento,giudicandolo a più riprese uno snob,pomposo e sodisfatto di sè.  Sempre impeccabilmente vestito: "Mi è sempre piaciuto portare vestiti interessanti. Quando andavo a scuola,lavoravo al sabato presso un sarto:da allora ho capito che è importante come ti vesti,visto che ti devi vestire.." Bryan Ferry introdusse una sensibilità ricca di riferimenti alla Pop Art e diede risalto all'idea che lo stile era altrettanto importante della preparazione musicale.  Fu molto importante e molto apprezzato dai ragazzi,ed è per questo che è falsa  la leggenda che il punk prima e la new wave dopo odiassero i dischi dei Roxy Music. Joy Division, Talking Heads, Devo, Ultravox, Cars hanno ammesso di essere stati influenzati dai primi lavori della band e anche lo stesso Sid Vicious, all'epoca, disse che da ragazzino ascoltava molto i Roxy, anche se questo non significa che i Pistols abbiano poi preso qualcosa da loro. Senza contare che alla fine,dopo vari rimpasti a suonare il basso con Ferry, Manzanera e MacKay finì Gary Tibbs fino ad allora bassista dei..Vibrators!
    Per i primi  dischi dei Roxy Music vale la massima per cui la musica nuova più sa di vecchio,più quella vecchia risulta  come nuova. Per questo non è nostalgico,ne spiacievole rincorrere la storia: Roxy Music (1972), For Your Pleasure (1973) e Country Life (1974) suonano freschi e attuali,etichettati come glam rock esprimono stati d'animo differenti,rock'nroll,elettronica,sperimentazione e la splendida voce di Bryan Ferry su tutto,circondata da musiche ricchissime. Non si possono ascoltare come musica di sottofondo,non sono come musica da tappezzeria,ma  sono stati concepiti come un insieme di immagini e rivolti ad un pubblico ristretto e intelligente. "Ho scoperto recentemente che non ci sono molte persone intelligenti sulla terra.." (B.Ferry). La fuoriuscita di Brian Eno dopo i primi due album fu la conferma che i Roxy erano il gruppo di Ferry, le atmosfere sono tutte legate al suo stile, anche se ci sono stati stadi intermedi e la direzione che prese il gruppo dopo quei tre dischi non sminuisce la grandezza di una delle band più influenti del rock'n'roll. Vedere entrare in scena Andy MacKay con lo spartito montato sul sax..Altri tempi,si..






    24/06/11

    Le cose




    GRANDI RIFORME

    Presto l'Agcom cancellerà i vostri file senza chiedere permesso
    Federico Formica (linkiesta)

    Se passerà un nuovo regolamento dell’Agcom, all’authority sarà permesso cancellare file protetti da copyright. Caso unico al mondo, si potrà procedere in pochi giorni e senza nemmeno avvisare la magistratura.

    Il web italiano si prepara ad una nuova battaglia. Ma stavolta si tratta di ripararsi dal fuoco amico. Il governo non c'entra. La minaccia viene dall'Agcom. L'authority per le comunicazioni sta per approvare una delibera 668/2010 per tutelare il diritto d'autore in rete.

    Se il testo verrà approvato senza ulteriori modifiche, per cancellare un file protetto da copyright ci vorranno al massimo sette giorni, senza bisogno di indagini e senza coinvolgere la magistratura neanche per un istante. La delibera non ha bisogno di essere approvata dal Parlamento e recepisce – almeno in parte – il decreto Romani. Se l'Italia adottasse questo regolamento, però, diventerebbe un caso raro nel mondo occidentale. Francia, Spagna e Usa prevedono procedure molto simili, che non vengono comunque applicate senza il parere finale di un giudice. In Italia non sarà così.

    La procedura avverrà infatti in cinque passaggi:
    1) il titolare dei diritti di autore, per esempio una casa discografica o una software house, segnalerà al gestore del sito un contenuto pubblicato illegalmente. Da questo momento il gestore avrà 48 ore per cancellare il corpo del reato
    2) se dopo 48 ore il file è ancora online, il proprietario può rivolgersi all'Agcom
    3) L'Agcom avvia un contraddittorio che dovrà durare al massimo cinque giorni. In questo periodo l'authority informa il gestore (o l'hosting) della presunta violazione, ma non è chiaro in che modo questi si possa difendere
    4) Passati i 5 giorni, se l'Agcom ritiene che si debba procedere, parte l'ordine di cancellare immediatamente il file
    5) L'Agcom verifica che il file sia stato davvero cancellato e, in caso negativo, ripete l'ordine

    L'avvocato Fulvio Sarzana, ideatore della campagna “Sito non raggiungibile”, è uno dei leader della rivolta online e disegna un quadro a tinte fosche: “I titolari di diritti manderanno segnalazioni a martello. Video, canzoni, testi e software condivisi in rete verranno cancellati a ritmo industriale. L'Agcom sa che non avrà tempo per verificare ogni singola denuncia, quindi mette le mani avanti”.

    Anche se in altri termini, la 668 dice qualcosa di molto simile: “L’Autorità ritiene che dopo un iniziale periodo di rodaggio la procedura possa operare in maniera pressoché automatica essendo fondata su un accertamento della violazione di tipo puramente oggettivo”. Insomma, se il file pirata c'è, perché affidarsi alle lungaggini della giustizia italiana? Se l'intento è nobilissimo, quello che si contesta è il metodo. “In alcuni tribunali sono state istituite addirittura sezioni specializzate, proprio per verificare le presunte violazioni del copyright – continua l'avvocato Sarzana - Ora tutto finisce in mano a una autorità amministrativa che non ha neanche i mezzi per gestire un flusso che si preannuncia enorme. La verità? Questo regolamento ha una sola logica: difendere i diritti dei proprietari, anche a scapito del cittadino”.

    L'altra grande questione è quella sulle competenze. Secondo i critici, l'Agcom si è arrogata un diritto che non le spetta. Il papà della delibera 668 è il decreto Romani, che legifera sui “fornitori di servizi media audiovisivi”, quindi, nell'ambito della rete, anche web-tv, Iptv e videoblog di grandi dimensioni. “Ma quel testo ha anche attribuito all'Agcom il compito di occuparsi di diritto di autore in rete – spiega Guido Scorza, avvocato esperto di copyright – quindi la copertura normativa, almeno in parte, c'è”. Già, solo in parte, perché il decreto Romani non ha mai parlato di siti privati, cioè pagine web senza scopo di lucro con l'unico fine della condivisione. “Non si capisce come l'Agcom possa ampliare così tanto il proprio raggio d'azione. Il punto debole della delibera è questo” conclude Scorza.

    Il coro di proteste è stato liquidato dai consiglieri Agcom Antonio Martusciello e Stefano Mannoni con frasi durissime. In un articolo pubblicato su Milano Finanza, i due parlano di “elogio del furto e dell'anarchia”, “sbornia di demagogia e pressapochismo”, “argomenti che farebbero arrossire uno studente al secondo anno di Giurisprudenza”. Nell'articolo, però, non si scende mai nel merito della questione. I due consiglieri dell'authority si limitano a dire che “chiunque avrà la possibilità di impugnare i provvedimenti davanti al giudice amministrativo”.

    L'avvocato Scorza, come diversi suoi colleghi, ci crede poco: “In teoria è vero, nella pratica non avverrà mai. Ce lo vedete un normale cittadino che spende una barca di soldi per rivolgersi al Tar per un video o qualche canzone? Senza contare che i giudici del Tar non hanno molte competenze in ambito di diritto d'autore online. Si darà pace e abbasserà il capo”.

    Intanto il tempo stringe. La delibera verrà approvata nel giro di pochi giorni. In autunno dovrebbe entrare in vigore. “La rete ha già dimostrato una forza incredibile mandando a votare milioni di persone al referendum – spera Mauro Vergari dell'associazione Adiconsum – sono sicuro che vinceremo anche questa battaglia”.

    Il fronte del no è deciso a non mollare, ma nel frattempo ha già pronta una via alternativa. A spiegarla è sempre Vergari, che da anni difende i diritti dei consumatori da compagnie telefoniche e televisioni: “Continueremo a litigare sul copyright fin quando il Parlamento non varerà una nuova legge. Oggi ci stiamo basando su un testo del 1941. Nel frattempo qualcuno ha inventato le creative commons e mille altri strumenti che consentono di condividere materiale protetto senza lasciare a secco i proprietari, ma anche senza stangare gli utenti”.

    17/06/11

    Qualcosa di personale


    La chiave nella serratura s'inceppa, nervosamente cerco di farla girare..Niente. Credo sia un segnale, un ammonimento..La notte non è ancora finita. Giro le spalle e mi dirigo verso l'unico bar aperto del quartiere. Deserto, il posto ideale,per concludere questa notte. Cerco di ordinare,il barista mi chiede se per caso m'è morto il gatto e se sono vivo:ascolta,barista,sono un tipo tranquillo,nonostante tutto. Normale, direi. Non rompo i coglioni,non mi travesto la sera,tento di farmi i cazzi miei per quanto possibile ma ovunque vada,sembra ci sia qualcuno pronto a punzecchiarmi. Non mi date tregua..
    Hai mai pensato che forse sei tu che in qualche modo..li attiri? Non replico. A pensarci bene forse ha ragione. Mi attacco alla birra servita senza bicchiere..chiudo gli occhi per un istante..

    ..Il vestito attillato. No,non è leale. Attillato a fasciargli il corpo,tanto che quasi saltano le cuciture. Tacchi alti,i lunghi e lisci capelli rossi a nascondere il viso e ad incendiare l'aria,la camicia aperta sul seno prorompente,attraversa la stanza con un movimento ondulatorio perfetto. Puro argento vivo..Le labbra leggermente piegate in giù pronte ad esplodere in una fragorosa risata. Le pareti cominciano a spostarsi,la moquette si alza dal pavimento e ricade. La pelle macchiata di lentiggini infantili,un opera moderna,contemporanea..
    Il letto s'apre come le acque del Nilo,faccio scivolare le braccia lungo la vita,le sollevo i fianchi con le mani,la sento piegarsi in due. La spingo sempre più in alto,le sono sopra con tutto il mio peso,sento che si dimena,mi avvolge,mi stringe. Sento ogni suo muscolo,contratto..Non posso fermarmi,non mi controllo e mi abbandono,abbandono il mio corpo. Cerco di tirarmi indietro ma non ci riesco. A questo punto sono..suo. Sono posseduto..Mi riverso in lei,con tutto quel che ho,con tutto quel che sono..
    Esco dal bar,inforco le cuffie..mi stringo nella giacca. Fare una lunga passeggiata notturna,questo rasserena l'anima..



    14/06/11

    Les Negresses Vertes: Face à la mer

    Les Negresses Vertes
    La tribù nomade del folk rock francese,la miglior sintesi (con la band anima gemella dei Mano Negra) di ritmi gitani, arabi, ska e chanson francese in un miscuglio di suoni frenetici e colorati. Strani artisti punk, internazionalisti e popolari,due album da incorniciare, Mlah (1989) e Famille Nombreuse (1991) ,con cui raggiungono notorietà e successo oltre i confini francesi,poi mentre ultimavano i remix dei loro brani migliori che sarebbero finiti in 10 Remixes Noel 'Helno' Rota, vocalist e poeta dandy del gruppo, muore per overdose di eroina.
     'Mi chiamano Zobi, io sono la mosca, non sono tanto credibile perchè mi trovano losco. Quelli che leggono la Bibbia, aprendo la bocca,sono dei graziosi bersagli..'
    Manu Chao gli dedica queste parole:' Alla luce della luna il mio amico Helno mi ha prestato una penna per scrivere una parola. Helno è morto una volta di troppo nei bristot, 100.000 rimorsi, Helno è morto ed è partito per il paradiso..'
    10 Remixes,del 1993, contiene le versioni remixate di alcune tra le più belle canzoni del gruppo, remix prodotti da musicisti tra i nostri preferiti, come Massive Attack (Face a la mer), Gangstarr (Voila l'ete), Famille Nombreuse (William Orbit) e Zobi la Mouche (Norman Cook alias Fatboy Slim)..
    Non ci resta che ascoltarli,' Face a la Mer '..












    10 Remixes
    Hasta Llegar

    11/06/11

    Let's get lost: Chet Baker


    Chet Baker
    Su questo Blog non  troverete molte pagine o recensioni dedicate ad artisti Jazz,(e anche metal, robaccia tipo Scorpions, Iron Maiden..) a meno che non siano artisti che l'hanno stravolto, mischiato, elaborato, contaminato, amalgamato con elementi diversi e con diverse culture e stili musicali (dal blues al hard bop ,soul, bossa, afro jazz, samba jazz , modale). Il jazz prende qualsiasi nota e va sempre bene,con tutti quegli assoli, in alcuni generi quasi ironici,ho sempre avuto l'impressione che gli strumenti vadano via per conto loro,senza nessuna regola. Nel rock (e in altri generi musicali) forse c'è più disciplina, ed è per questo che lo sento più strettamente connesso alla musica classica. Il jazz è stata la musica di mio padre che non è mai riuscito a farmela apprezzare e comunque fin da adolescente mi è sempre piaciuta la melodia, una musica che si possa fischiettare o 'cantare' sotto la doccia.


    Ma lo stile trombettistico, puro ed essenziale di Chet Baker è sempre stato un mistero irrangiungibile e di non facile comprensione. Progenitore del cool jazz,ma capace di interpretazioni neoclassiche (come nel caso di My Funny Valentine) la musica di Chet Baker si è sempre distinta per la sua natura lirica ed intimista,dava alle note della sua tromba un ala di dolcezza e semplicità,con i sussurri sommessi della sua voce le esecuzioni vocali risultavano distanti e dolorose.Chet suonava ad orecchio,mai aveva imparato a leggere la musica,affidandosi sempre al suo talento istintivo. Chet baker,il James Dean del cool jazz che faceva innamorare tutte le ragazze dei club dove suonava e cantava con la sua voce infantile e suadente. Nonostante i suoi maestri C.Parker e Gerry Mulligan, invischiati nell'eroina fino al collo minacciavano chiunque provasse ad iniziarlo alla droga,il giovane Chet sembrava predestinato: nel giro di poco tempo abbandonò l'erba,andò in pezzi e s'innamorò anch'egli dell'eroina,un amore che lo accompagnò per tutta la vita e alla fine lo uccise. Non staremo qui a narrarne le disavventure,che si possono leggere nelle tante pubblicazioni a lui dedicate,ne tanto meno citazioni accademiche raccolte da pagine polverose di storia del jazz,ma solo omaggiare un genio della tromba che ha dominato la scena jazz negli anni '50,trombettista con la dentiera e la voce da adolescente,rovinato dalla tossico dipendenza,maestro della resistenza alla cattiva sorte e angelo maledetto. Chet Baker è stata una star e rappresenta tutto il disfacimento di un mondo di illusioni e delusioni che ha distrutto tanti giovani,artisti e non,cresciuti negli anni del dopoguerra. Provate ad ascoltare la sua versione di My Funny Valentine,con le sue variazioni armoniche vitali,seduti sul terrazzo all'imbrunire,col sole che tramonta sul mare:entrerete nel suo mondo,fino a raggiungere i contorni della sua anima..





    Live in Paris
    My Funny Valentine


    09/06/11

    ..E il caso Troccoli

    Peones scatenati: chi vuole che uno squadrone dei carabinieri invada il Brasile per riportare il 'mostro' Battisti in Italia,chi vuole boicottare i prossimi mondiali cariocas,chi rompere relazioni diplomatiche ed economiche col paese sud americano. Una vera e propria fiera del ridicolo,accentuata dalla risposta dell'Unione Europea,(a cui pensa di rivolgersi il nostro ministro degli esteri,un ministro invisibile più che ombra,che colleziona figuracce e indifferenza ovunque) che si è affrettata a dichiarare che a loro,del caso Battisti, non glie ne frega proprio niente. Indignazione generalizzata ma a senso unico,come sempre in questo paese di..pulcinella.Nessuna indignazione infatti provoca la mancata estradizione di Nestor Troccoli, assassino,torturatote,criminale uruguayano,che dal 2002 ha ottenuto invece cittadinanza e passaporto italiano,pur sapendo le nostre autorità di che razza  fosse quest'individuo. Capitano di vascello della marina,membro dell'intelligence della dittatura uruguaiana,dal 1973 al 1985,ha ammesso lui stesso di aver torturato e ucciso detenuti politici ,ed è stato uno dei principali protagonisti del Plan Condor,piano che prevedeva l'eliminazione fisica di tutti gli oppositori del regime,il tutto rivendicato nel suo libro 'L'ira del Leviatano'. 

    Di origine italiana,precisamente di Marina di Camerota,tornò nel paese del salernitano dopo che l'aria a Montevideo s'era fatta pesante e dove si prevedeva un arresto per i suoi crimini durante la dittatura. Arrestato in Italia nel 2007 con l'accusa di aver ucciso sei cittadini di origine italiana, fu scarcerato per decorrenza dei termini,dopo un rimpallo di responsabilità sulla tardiva (?) richiesta di estradizione del governo uruguayano. Scarcerazione che provoca un ondata di indignazione e scandalo in Uruguay,l'ineffabbile Angelino nostro ministro della giustizia chiude il caso nel 2008 negando definitivamente l'estradizione,in quanto (dice lui) ormai cittadino italiano e per il trattato tra i due paesi risalente al..1879,quindi non estradabile. Il governo uruguagio ricorre alla cassazione italiana,che respinge,permettendo al torturatore Troccoli di starsene,lui si,in spiaggia al bel sole di Marina di Camerota. Capito?

    Il caso Battisti

    IL BRASILE RESPINGE LA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE
    CESARE BATTISTI LIBERO


    'Non é in gioco la simpatia o antipatia che si puó avere per il ministro brasiliano della Giustizia o per Berlusconi. Stiamo parlando della vita di una persona e dei suoi diritti. Non solo voglio dimostrare che la concessione dello status di rifugiato politico é legale, ma anche sollevare seri dubbi, attraverso prove obiettive, sulla partecipazione di Battisti ai quattro omicidi di cui é accusato'.
    Luís Roberto Barroso - difensore dell'ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac), Cesare Battisti

    Il ministro della giustizia brasiliano,Tarso Genro,  ha  ribattuto alla raffica di dichiarazioni sguaiate provenienti dall'Italia, accusando Roma di non rispettare la sovranitá brasiliana, e di voler trasformare Battisti in un «capro espiatorio».
    A suo parere «veniamo trattati dall'Italia come un Paese di seconda categoria che non ha il diritto di applicare le sue leggi sovranamente. Siamo stati trattati come un Paese di secondo livello», e il governo italiano vuole «portare il signor Battisti in Italia, affinché divenga il capro espiatorio di un evento storico, drammatico, negativo».
    Dall'Italia é continuato il florilegio di dichiarazioni sopra le righe, quando non volgari ed offensive: legittimando cosí la posizione di Genro, secondo cui «il Brasile é stato aggredito nella sua sovranitá per alcune dichiarazioni delle autoritá italiane. Hanno persino detto che il Brasile é un Paese di ballerine e non di giuristi. Noi abbiamo l'orgoglio di essere un Paese di ballerine e anche di grandi giuristi». 
    Ignaziosauro La Russa : dopo un intervista della televisione franco-tedesca Arte allo stesso ex militante, ove questi dichiara la propria intenzione di suicidarsi, nel caso della sua estradizione in Italia: «avrebbe potuto pensarci dopo gli omicidi da lui commessi» 
    Piergiorgio Stiffoni,lega nord:«farebbe la cosa migliore»
    Indimenticabili, inoltre, i periodici show del senatore dell'Italia dei valori, Stefano Pedica, secondo cui «Lula difende i terroristi», come recitava il cartello che esibiva durante il grottesco sciopero della fame davanti all'Ambasciata brasiliana, e «la Bruni é amica dei terroristi».
    Il Tempo: Lula è un alcolizzato.
    Il Giornale: Tra le autorità brasiliane sembra essere scoppiato il carnevale»
    Corriere della sera: (31.1.09, p. 6,non ci inventiamo niente) Genro nell’adolescenza si masturbava, e Dilma Rouseff è stata una rapinatrice.
    Maurizio Costanzo interviene con immensa volgarità. Propone un baratto: il Brasile consegni Battisti e trattenga Fabrizio Corona. Cioè, suggerisce che in Italia sia detenuto Battisti, e in Brasile sia libero Corona. 
    Il Giornale: Il bel mondo di Carla (Bruni!) che fa il girotondo per gli assassini
    E via così..


    La decisione di non estradizione del Governo brasiliano nei confronti di Cesare Battisti non è una decisone politica ma si tratta di una decisione prettamente giuridica basata sul fatto che il trattato di estradizione prevede che l’estradizione possa essere negata se si valuta il rischio di incolumità del soggetto. Nel caso Battisti il governo Brasiliano ha considerato le manifestazioni per la sua estradizione molto violente e sintomatiche di un atteggiamento di vendetta nei suoi confronti. Per questo sia il governo che le associazioni per i diritti umani consideriamo Battisti a rischio di violenze e torture se dovesse essere detenuto in un carcere italiano.
    Le reazioni dei politici italiani ci sono sembrate fuori luogo ed esagerate, al di là della normale dialettica diplomatica. Abbiamo avuto l’impressione che il governo brasiliano sia stato insultato. Il governo italiano è legittimato a non essere d’accordo con la decisione brasiliana, ma l’atteggiamento e le scelte prese dal governo sono totalmente in linea con i trattati internazionali sull’estradizione.
     L’opinione pubblica brasiliana non si è interessata alla vicenda Battisti. Gli unici che hanno seguito la vicenda sono le associazioni sui diritti umani e gli intellettuali che hanno una posizione precisa sulla questione. Ricordano che in Italia sono state varate leggi straordinarie per rispondere in modo fermo al terrorismo di quegli anni.  Leggi ad hoc che però sono rimaste e hanno degradato la qualità della giustizia italiana. Degrado che viene in qualche modo denunciato dalle morti che ci sono state nelle caserme dei carabinieri.
    Carlos Lungarzo, scrittore e giurista brasiliano, è attivista di Amnesty International.

    Non si tratta più di giustizia ma di un desiderio di vendetta senza fine. Il ceto politico, da Violante a Castelli, passando per D’Alema e Pisanu, sostenuto da una stampa quasi unanime, vuole solo continuare a infierire sui corpi di quei pochi ex militanti della lotta armata degli anni ’70, ancora in galera o all’estero.
    Cosa c’è di più facile per combattere il terrorismo internazionale, Al Quaeda, le bombe mortifere di Madrid, che arrestare uno scrittore di romanzi, un tranquillo portinaio?
    Gli zelanti redattori del Giornale citano per incriminarle perfino delle frasi spulciate nel libro, L’ultimo sparo, scritto da Cesare, dimenticando ogni criterio di critica letteraria e scambiando un romanzo per un verbale di confessione. Seguendo questi giudizi e applicando le leggi americane, Quentin Tarantino dovrebbe essere condannato a morte.
    In ultimo, veniamo alle accuse che gli vengono mosse, in base alle quali Cesare compare su tutta la stampa italiana come il mostro da abbattere.
    Cesare è stato condannato in contumacia (elemento giuridico che impedisce, tra le altre motivazioni, l’estradizione di Cesare. Il processo non può essere eseguito in assenza dell’imputato, così in Francia come in Germania, ed è per questo che l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea.) e sulla base di un codice di procedura penale d’eccezione che non dà nessuna garanzia, perché basato sulle sole dichiarazione dei pentiti. 

    Se c'è una cosa che l'ultimo episodio della vicenda-Battisti rende palese, è quanto la provincializzazione dell'Europa - figuriamoci dell'Italia - proceda speditamente. Non siamo più al centro del mondo! Sarebbe bene che i nostri politici ne tengano conto. Quello che più stona, in tutta la vicenda, è infatti l'ostinata incapacità della classe dirigente nostrana di fare i conti con una geopolitica ben mutata dagli anni in cui le vicende si consumarono.
    Il Brasile è oggi la 4a o 5a potenza mondiale cui ben poco preoccupano le minacce di ritorsioni brandite da una LaRussa o un Frattini, tanto presenti mediaticamente (in patria) come ministri della Difesa e degli Esteri quanto incapaci di contare alcunché appena al di fuori dei confini nazionali.
    Probabilmente, oltre agli aspetti politico-giuridici ben più degni di nota, Lula non avrà scordato la visita di stato in Italia di qualche anno fa. Ad accoglierlo trovò Mara Carfagna e Kakà, gentilmente mandati dal presidente come dipendenti dell'azienda di famiglia.L'isteria e l'accanimento con cui un pezzo di classe politica del paese, con un bel po' di supporto trasversale di anti-berlusconisti giustizialisti da Repubblica a Il Fatto Quotidiano continua ad accanirsi su un processo zeppo di incongruenze, prove testimoniali basate su pentitismo e torture, incriminazione per due reati avvenuti in contemporaneità a quasi 400 km di distanza...etc, dà prova del basso profilo in cui è rinchiuso un intero ceto politico, culturale e intellettuale.


    La parola all’espressione iperrealistica dell’ignoranza più totale.
    CESARE BATTISTI, NON DEGNO DEL NOME
    'Mi stupisco che, a proposito di Battisti, l'individuo spregevole, l'infame, il vigliacco, il maestro nell'arte della menzogna e della fuga, nessuno si sia ricordato dell'altro Cesare Battisti, il patriota, l'irredentista, l'eroe. Io vorrei dare un consiglio al signor (da notare la minuscola) Battisti e rivolgergli un invito. Se avesse una briciola di senso dell'onore dovrebbe fare una cosa sola, far cambiare il suo nome di battesimo, perché non è degno di chiamarsi come un uomo che è stato impiccato per non aver voluto tradire i suoi ideali e l'Italia'.
    Roberto Giordano, Tende, Alpes Maritimes
    Da il Manifesto (che vergogna! Senza nessun commento!) del 5 febbraio 2011


    VALERIO EVANGELISTI

    E’ forse il caso di ricordare, in maniera sintetica, i motivi per cui, nel 2004, divulgammo un appello contro l’estradizione di Cesare Battisti dalla Francia. E perché manteniamo, in circostanze cambiate (oggi è prigioniero in Brasile), il nostro sostegno.

    Un processo dubbio

    - Quando Battisti subì il primo processo, nel 1981, fu condannato a 12 anni di prigione per possesso di armi e associazione sovversiva. La pena risultò pesante perché aumentata da finalità terroristiche. Evase, riparò in America Latina.
    - Le condanne successive all’ergastolo gli caddero addosso lui assente. Una serie di “pentiti” dei PAC, Proletari Armati per il Comunismo, gli attribuirono tutti i crimini compiuti dall’organizzazione. Solo poco a poco ammisero che certi delitti attribuiti a lui li avevano commessi loro.
    - Il pentito principale, Pietro Mutti, smentì più volte se stesso. Ha di recente lasciato intuire che lo fece sotto tortura (vedi qui). Le sue rivelazioni sono tutte di seconda o di terza mano. Ha detto poco tempo fa che vide di persona Battisti uccidere il direttore del carcere di Udine, Santoro. Peccato che, dagli atti giudiziari (è raccomandabile leggere la sentenza completa), ciò non risulti possibile. Mutti avviò anche l’infausta “pista veneta”, che vedeva l’OLP di Yassir Arafat quale sponsor delle Brigate Rosse. Finì in nulla.
    Noi preghiamo di leggere la sentenza del 1988 contro Battisti e i PAC. Sembra irreale, eppure è quella vera. A quel tempo le sentenze si scrivevano così, con catene di “sentito dire”. Oggi si spera – senza troppa convinzione – che sia diverso.
    - Mutti fece arrestare tale Sisinnio Bitti. Lo aveva ascoltato, in un bar, dirsi d’accordo con l’omicidio del gioielliere Torregiani. Bitti fu arrestato e sottoposto a percosse che gli lesero l’udito. Successivamente fu catturato di nuovo e subì anni di prigione. Ciò per la frase al bar, udita da Mutti.
    - A parte l’incrocio tra pentiti e dissociati, non esiste alcun riscontro ulteriore che accusi Battisti.

    Battisti è innocente?

    Non possiamo affermarlo. Di una serie di azioni armate, inclusi azzoppamenti e atti gravi, fu sicuramente responsabile, e non lo ha mai negato. Ci limitiamo a notare che:
    - Il caso che gli viene più di frequente attribuito, l’omicidio Torregiani, è l’unico che sicuramente non lo vide presente. I colpevoli furono arrestati poco dopo il delitto. Battisti, accusato del simultaneo omicidio Sabbadin, fu tirato in ballo molto più tardi, per avere partecipato alla riunione che decise i due attentati.
    - Battisti fu condannato in contumacia, e mai più potrà rispondere dei suoi presunti crimini. La legge italiana, unica in Europa, non prevede una ripetizione del processo, qualora il contumace sia catturato.
    - Se estradato in Italia, verrebbe sottoposto al famigerato articolo 41 bis, riservato a terroristi e mafiosi. Avere contatti con lui diventerebbe difficilissimo.
    - Fra i motivi di riluttanza delle autorità brasiliane all’estradizione, c’è il fatto che lì la colpa si estingue in vent’anni di buona condotta. Da noi in trenta, e non è detto (fonte: Amnesty International, Brasile).
    - La legislazione brasiliana non contempla l’ergastolo, ritenuta sanzione disumana, al pari della pena di morte.

    Era uno scrittore. Un’aggravante?

    Si direbbe di sì.
    - Commentatori come Mario Pirani hanno definito i romanzi di Battisti dei “gialletti”, e si sono vantati di non averli mai letti.
    - Altri commentatori, partendo dal fatto che alcuni romanzi di Battisti sono stati pubblicati dalla collana Série Noire, appartenente alla casa editrice Gallimard, hanno ipotizzato che l’autore frequentasse i migliori salotti della società letteraria francese, e si nutrisse di ostriche e champagne.
    - Comuni osterie e ristoranti economici sono stati descritti quali locali di lusso, in cui Battisti consumava le sue orge politico-letterarie.
    - Umberto Eco, diventato - da quando si è tagliato la barba - la caricatura di ciò che era un tempo, sostiene che “ingenui” intellettuali francesi (di basso taglio, secondo lui) hanno influenzato gli ancor più ingenui brasiliani, Lula incluso. Bravo, cocco, vai a dormire. Hai già dato, è inutile che insisti.
    Battisti pubblicava in edizioni prevalentemente tascabili, guadagnava il sufficiente per vivere appena. Il resto gli veniva dalla sua attività di portinaio. In uno stabile popolare sito in un quartiere popolare.
    Le fantasie sull’argomento dimostrano le leggende, piene di rancore, che circondano il mestiere dello scrittore. Di volta in volta parassita o privilegiato.

    Trenta anni dopo

    - Battisti è imprigionato. Da anni, lasciata l’America Latina, si era stabilito in Francia, aveva messo su famiglia. Conduceva una vita modesta e tranquilla. Non era un pericolo per nessuno. Un governo di destra revoca d’un tratto la “dottrina Mitterrand”: l’accordo di fatto tra François Mitterrand e Bettino Craxi perché la Francia conceda asilo agli ex militanti italiani che hanno rinunciato alla lotta armata (quasi duecento).
    - Battisti viene messo in prigione, nel 2004, con un pretesto. Quale portinaio, avrebbe aggredito l’inquilino di uno stabile vicino. Aggressione mai avvenuta. Una pura invenzione,
    - Battisti fugge ancora, va in Brasile, finisce in carcere. Il ministro Tarso Genro gli concede un motivato asilo politico. Il presidente uscente Lula lo conferma l’ultimo giorno del suo mandato. La nuova presidentessa Dilma Roussef manda gentilmente a cagare Napolitano, che reclama l’estradizione del super-mega-terrorista. Un Carlos persino più letale
    - Il vice-presidente del Supremo Tribunale brasiliano, César Peluso, rifiuta di ottemperare agli ordini di Lula e di liberare Battisti. Chiede che si riunisca il Supremo Tribunale, disperso dalle vacanze. Lo stesso tribunale che aveva demandato al presidente del Brasile ogni decisione finale sul prigioniero per antonomasia.
    Intanto un uomo solo, spaventato e imprigionato, ogni tanto condannato e ogni tanto assolto, si vede indicare, in Italia e nelle parti più marce del mondo, quale pericolo universale. Sbavano contro di lui Napolitano, Umberto Eco, Barbara Spinelli, centinaia di intellettuali affamati delle sue carni. Fascisti, centrosinistri, post-comunisti, liberali del cazzo, scorreggioni televisivi. Tutta gente che ha avallato le guerre più orrende, o che è coinvolta in inchieste del tipo “organizzazione di prostituzione minorile”.
    Tieni duro, Cesare. Con quella gente ci spazziamo il posteriore. Ti tireremo fuori.

    VALERIO EVANGELISI - CARMILLA ON LINE

    08/06/11

    W.Burroughs e J.Kerouac a quattro mani

    Non poteva non essere un piccolo evento,la pubblicazione di questo romanzo,scritto a quattro mani da William Burroughs e Jack Kerouac. 'E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche' viene terminato nel 1945 e il tentativo di pubblicarlo non ottiene successo. 1945 quindi,quando i due scrittori non avevano ancora pubblicato niente. 'Sulla strada' di Kerouac è del 1957 mentre 'Il pasto nudo' di Burroughs vedrà la luce solo nel 1959. Anche se la prima edizione è del 2008,questo manoscritto può considerarsi un vero e proprio esordio. La verità è che la storia che vi si narra era già stata accennata nel primo vero romanzo di Kerouac,'La città e la metropoli' nel 1950,come lo stesso autore conferma in un intervista del 1967 ed è solo per il rispetto verso i protagonisti che il libro rimarrà inedito fino ad oggi. I due esponenti della Beat Generation prendono spunto da un torbido fatto di cronaca che occupò le pagine dei giornali americani per un bel pò di tempo:Lucien Carr,giovane rampollo della buona borghesia del sud in una calda notte di agosto del 1944 accoltella con il suo temperino da boy scout David E. Kammerer,suo amico di infanzia ed eterno innamorato e lo getta nelle acque del fiume Hudson.

    L'intricata relazione tra i due era iniziata nel '36 quando Lucien aveva undici anni e David venti cinque a St Louis,una lunga e tormentata relazione,tra infinite bevute e litigi,culminata in quelle notte dove, dopo l'ennessima sbronza e la scenata di gelosia di Kammerer che non accetta la decisione di Carr di imbarcarsi alla volta dell'Europa su di un mercantile,si consuma il drammatico assassinio. Questi i fatti. La particolarità che rende ancor più interessante il libro è che i due protagonisti conoscevano bene ed erano amici sia di Burroughs,sia di Kerouac,oltre che di Allen Ginsberg.Era stato proprio grazie a Lucien che Burroughs,Kerouac e Ginsberg si erano conosciuti alla Columbia University,mentre Kammerer era stato compagno di scuola di Burroughs a St Louis negli anni '20.

    Lucien Carr prima di costituirsi si presentò a casa di Burroughs e gli confessò l'omicidio,poi passò il resto della giornata con Kerouac in giro,visitando prima il luogo dove si era consumata la tragedia,poi per musei e bar a bere e a parlare. Quest'amicizia costò ai due scrittori l'arresto come persone informate sui fatti,poi rilasciati su cauzione. Nel libro ognuno dei due scrittori si serve di un alter ego per scrivere:Burroughs è Will Dennnison,barista tossico che lavora anche per un agenzia di investigazioni,mentre Kerouac sceglie il nome di Mike Ryko,marinaio di origini francesi in attesa di imbarco. A Lucien Carr viene dato il nome di Phillip Tourian,diciassettenne per metà turco mentre Kammerer si chiama Ramsay Allen,descritto come un quarantenne brizzolato e possente perdutamente innamorato del suo futuro assassino. Lo scenario è una New York nell'immediato dopo guerra,piovosa e dove è sempre notte,zeppa di ubriachi,automobili,romanzi e titoli di giornali,'il ritratto del segmento perduto della nostra generazione',cinico,onesto,di una realtà strabiliante. Tutti i personaggi del libro,nonostante gli pseudonimi sono riconoscibili,Lucien Carr a sorpresa venne condannato a dieci anni di reclusione (i giudici respinsero la teoria dell'ossessivo molestatore omosessuale che non lascia alternativa alla sua vittima di difendersi con la violenza),visse fino al 2005 sempre tentando di mettere a tacere la vecchia storia che gli aveva bruciato la gioventù,storia che per anni ha ossessionato un gran numero di scrittori.
    Infine,l'origine del titolo: "Una sera io (Kerouac) e Burroughs seduti in un bar abbiamo sentito un annunciatore radiofonico che diceva:'..e cosi gli egiziani hanno attaccato..e intanto allo zoo di Londra era scoppiato un incendio devastante,che poi è divampato nei campi e gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche! Buonanotte a tutti..'. Era stato Bill (Burroughs) a notarlo. Lui queste cose le nota sempre.."



    07/06/11

    MALCOM X E PUBLIC ENEMY

    L'AMERICA ha dovuto aspettare un presidente nero che sa parlare all'Islam, cresciuto da bambino all'ombra dei minareti di Jakarta, poi star di Harvard, depurato di ogni "accento nero" linguistico e ideologico, lo statista che osa pensare una società pacificata e post-razziale. Solo nell'èra di Barack Obama diventa possibile riaprire un grande tabù, una pagina di storia lacerante. È la vicenda di Malcolm X. Oggi avrebbe 86 anni e morì che ne aveva 39, centrato dagli spari mentre arringava la folla nella Audubon Ballroom di Harlem. Quel 21 febbraio del 1965, nel giorno di una morte violenta che lui stesso aveva prevista e annunciata, Malcolm X si portò nella tomba tanti segreti: a cominciare dall'identità dei suoi assassini e dei mandanti.

    Per più di quarant'anni un grande intellettuale nero, lo storico Manning Marable, ha lavorato per venire a capo del mistero. Marable, fondatore del dipartimento di studi afroamericani alla Columbia University, è morto due mesi fa. Uscita postuma, la sua opera monumentale Malcolm X: a Life of Reinvention, aiuta a capire i perché di tante reticenze e omertà. Un altro storico, Stephen Howe, ricorda cosa fece di Malcolm X l'eroe di una generazione: "Straordinario oratore, divenne lo schermo sul quale milioni di neri proiettarono le loro speranze. Aveva molto degli improvvisatori di musica jazz, anticipò i futuri rapper. Incarnava il mito del fuorilegge vendicatore, in una società di neri senza diritti". Artista della reinvenzione
    di se stesso, Marable lo descrive come una costruzione di "maschere multiple": da zotico di provincia a delinquente, da uomo di spettacolo a intellettuale autodidatta, esponente radicale del nazionalismo nero, predicatore religioso, musulmano ortodosso. Acerrimo rivale di Martin Luther King, poi sul punto di riconciliarsi con lui: firmando così la propria condanna a morte.

    Dopo l'assassinio di Malcolm X tre uomini vengono arrestati, processati, condannati velocemente. Due saranno messi in libertà negli anni Ottanta e mai hanno smesso di proclamarsi innocenti. Solo il terzo, Talmadge Hayer, rilasciato dal carcere l'anno scorso, è reo confesso. C'era solo lui quel giorno a sparare? La minuziosa indagine di Marable ricostruisce una verità diversa: fu un commando di cinque sicari a firmare l'esecuzione. Chi sparò il primo colpo, mortale, non è mai stato disturbato dalla giustizia. Ha 72 anni, oggi vive a Newark sotto il nome di William Bradley. È un ex campione di basket, celebrato nel Newark Athletic Wall of Fame. La pista dei mandanti si biforca in due direzioni, verso forze tra loro opposte ma ugualmente interessate a far fuori Malcolm X e poi a seppellirlo nell'oblìo. Da una parte c'è l'Fbi che intercettava sistematicamente le sue telefonate, ignorò le minacce di morte che si moltiplicavano, fece di tutto perché l'attentato procedesse indisturbato. Dall'altra c'è il radicalismo nero, a cominciare dalla Nation of Islam e un leader come Louis Farrakhan che a Marable ha confessato: "Potrebbero trascinarmi davanti a un gran giurì anche oggi, non esiste prescrizione per gli omicidi". Le prove accumulate dall'autore appena scomparso sono schiaccianti, Michael Eric Dyson della Georgetown University ne è convinto: "Questo libro impone di riaprire l'indagine". Peter Goldman, reporter che intervistò più volte Malcolm X, è altrettanto convinto che non succederà: "Fare giustizia oggi, risalendo lungo la catena di comando? Colpire chi diede l'ordine di ucciderlo? Nessuno lo vuole".

    L'ultimo revival d'interesse risale alla fine degli anni Novanta: il fascino di Malcolm X conquista il regista Spike Lee che mette in scena la sua vita affinando la parte a Denzel Washington. Nel '99 le poste gli dedicano perfino un francobollo. Ma poi arriva l'11 settembre: nell'epoca della "guerra globale al terrorismo" proclamata da George Bush, guai a ricordare che un'Islam radicale e violento ha messo le radici da tempo nella società americana, tra i neri, non come fenomeno d'importazione dal mondo arabo.

    All'Islam il giovane Malcolm Little di Omaha, Nebraska, arriva dopo numerose reincarnazioni, scandite da cambi d'identità: Jack Carlton, Detroit Red (quando si tinge i capelli), Satan, El-Hajj Malik El-Shabazz. Da ultimo quella X, simbolo di ribellione contro dei cognomi che erano stati affibbiati agli schiavi dai padroni bianchi. Figlio di un pastore battista forse lui stesso assassinato (da bianchi), Malcolm cresce in una famiglia così povera che spesso a cena la madre può cuocere solo erbacce di strada. Diventa spacciatore, poi capo di gang di ladri, a Detroit e a Harlem. In carcere per rapina dal 1946 al 1952, alla Norfolk Prison Colony del Massachusetts. Qui si converte all'Islam, abbandona il fumo e il gioco d'azzardo, studia la storia degli afroamericani e insieme Erodoto, Kant, Nietzsche. Lì avviene il passaggio fra due ruoli egualmente popolari nella mitologia dei neri: il bandito spregiudicato vendicatore degli oppressi, e il predicatore chiamato a salvare le loro anime. La reinvenzione della propria immagine continua fino alla celebre Autbiografia di Malcolm X: affidata a un ghost-writer ultramoderato, il giornalista nero di fede repubblicana Alex Haley che diventerà poi famoso con Radici. In quell'autobiografia, fonte del film di Spike Lee, viene esagerato il curriculum criminale di Malcolm X, per rendere ancora più spettacolare la sua redenzione religiosa.

    All'apice della sua fama Malcolm diventa il portavoce della Nation of Islam e contribuisce ad allargarne i ranghi fino a 500.000 iscritti. È il periodo della sua radicalizzazione estrema. Quando in un incidente aereo muoiono 62 ricchi bianchi di Atlanta per lui è "la prova che Dio esiste". Reagisce all'assassinio di John Kennedy dicendo che se l'è meritato. Recluta nelle carceri, creando una commistione totale fra militanza politica e criminalità. Invoca la lotta armata, difende il terrorismo contro la polizia, diventa il precursore teorico delle Black Panther. Immagina una "nazione nera" che fa secessione dentro l'America, al punto da incontrarsi con esponenti del Ku Klux Klan per progettare assieme "la separazione tra le due razze". The Nation of Islam, spiega Howe, con Malcolm X diventa "una bizzarra mescolanza di teologia, fantascienza, fanatismo razziale. Teorizza la malvagità intrinseca della razza bianca e in particolare degli ebrei, l'inferiorità delle donne". Il divorzio matura all'improvviso. Per ragioni anche personali: il leader spirituale della Nation of Islam, Elijah Muhammad, mette incinta la donna con cui Malcolm aveva avuto una lunga relazione. E poi c'è il viaggio alla Mecca, l'incontro con un Islam moderato e multirazziale. Un'altra conversione: alla fede sunnita. È il "tradimento" che arma i suoi assassini. Proprio quando Malcolm comincia a recuperare il dialogo con Martin Luther King, fino allora dipinto come uno "zio Tom", servo sciocco dei bianchi. "Ci sono cose - aveva detto Malcolm in tono sprezzante contro King - più importanti del diritto a sedersi insieme coi bianchi in un ristorante".

    Per il poeta nero Amiri Baraka non aveva torto, Malcolm X, e la sua eredità è meno negativa di quanto sembri: "Senso d'identità, indipendenza, con questi valori l'ala dura del movimento di liberazione dei neri ebbe un impatto enorme nella società americana, senza di lui non ci sarebbe Obama". Anche su questo i neri continuano a dividersi. Tra chi vede in Malcolm il paladino di un orgoglio di razza, e chi fa risalire a lui il vittimismo permanente: l'etichetta del "nero arrabbiato" che Obama è riuscito a togliersi con una fatica enorme, sopportando stoicamente le insulse accuse sulla sua nazionalità keniota o la sua religione islamica. E quando nel luglio 2009 questo presidente ha preso le difese di un professore nero di Harvard, Henry Louis Gates, vittima di un sopruso da parte della polizia, l'America bianca benpensante e conservatrice è saltata addosso a Obama. Sperando che reagisse coi nervi a fior di pelle. Sognando di ritrovare come avversario un Malcolm X: un Satana.

    Fonte: FEDERICO RAMPINI (la Repubblica)

    FEAR OF BLACK PLANET - PUBBLIC ENEMY


    1990. Il gangsta rap iniziava a furoreggiare ,sulla West Coast e in tutto l'universo americano dell'hip hop,con i suoi temi di sesso, violenza e potere,e i Public Enemy escono con Fear of Black Planet,terzo lavoro per la band di Chuck D,Flavor Flav,Terminator X,(con la collaborazione di tutto il combo della Bomb Squad,collettivo di DJ che ruotavano nell'orbita del gruppo) presentando un messaggio totalmente diverso attraverso un vero e proprio uragano sonoro.Il disco si apre con sirene di raid aerei, frammenti di telegiornali e assordanti assoli di chitarra,mentre le rime definiscono la direzione dell'album: 'C'è qualcosa cambiando nel clima di coscienza su questo pianeta oggi'.Se una canzone può riassumere l'intero album,questa è 'Fight the Power', originariamente incluso nella colonna sonora del bellissimo film di Spike Lee Fà la cosa giusta, (Do the right thing) storia di tensioni razziali tra le diverse comunità,italoamericana e afroamaricanama,ma i temi dei testi non risparmiano niente e nessuno:si parla di razzismo,e di sessualità,di media,politica e di guerra.si attaccano senza rispetto icone americane come Elvis e J.Wayne,si incita alla rivolta verso la falsa integrazione razziale degli afroamericani.
    Fear of Black Planet è un album duro di uno dei gruppi fondanti della musica nera moderna,con canzoni molto potenti,pieno di rock e di funky oltre che di rap ma è anche un disco a suo modo ballabile,con i tanti riferimenti a James Brown,Sly And The Family Stone e a tanti altri artisti soul che evidenziano le loro radici musicali più profonde..
    'La maggior parte dei miei eroi non appaiono in alcun francobolli',recitano i Pubblic Enemy,e Fear of Black Planet è considerato uno dei capolavori del genere hip hop.


    Fear of Black Planet