23/09/13

Misteri Romani

photo: Ged
Piccolo incipit: In questo momento e sul lungo periodo, nessuno si può prendere cura di me ..tranne me. E nessuno meglio di me. Perchè è sempre stato così:  l'unico modo in cui si imparano deavvero le cose è sbattendoci il muso. A volte dovrebbe bastare il solo terrore delle esperienze passate ad evitare che certe eventualità tornino a verificarsi. Ma tutti sanno che, spesso, le cose non vanno così. Forse perchè, in fondo,   si segue solo la propria natura. Dimentico di dare l'acqua alle piante, ma che posso fare?
Così, in un sabato pomeriggio in cui appunto cercavo di prendermi cura di me, ho trovato questo libricino, pubblicato, credo, nel 2005, che raccoglie racconti usciti sulle pagine di cronaca cittadina di Repubblica: Misteri Romani. Racconti di scrittori famosi e non,  con dieci illustrazioni di artisti , in un connubio in cui si racconta Roma attraverso i misteri di un amore, di un odore, di una fotografia, di un ritardo, di un presagio, dello zoo della città.. Racconti molto intimi per chi conosce la città, veri, intensi. Per chi non vive a Roma, un modo credo piacevole per accostarsi ai misteri di questa metropoli. In fondo poco è cambiato da quegli anni e come scrive Marco Lodoli nella prefazione..:"Una città come Roma ha milioni di abitanti, cioè milioni di misteri. Non esiste una sola persona completamente limpida e cristallina, nemmeno una che possa affermare: io sono ciò che vedete. Inoltre, ognuno di noi è un mistero per se stesso.."
Ritornando al piccolo incipit, diciamo tante parole solo per tacerne una che non osiamo ripeterci, nemmeno nella mente. Ci cuciamo addosso un vestito presentabile per coprire nudità  imbarazzanti, un fremito che non si placa, a volte una piaga vergognosa..

Racconti di Camilleri, C. Raimo, Erri De Luca, F. Pacifico, Emanuaele Trevi, Valeria Viganò, Laura Pugno, Vincenzo Cerami, Fulvio Abbate, Valentino Zeichen, : Lagioia,  E. Albinati, C. Susani, M. Mazzucco, M. Lodoli, C.Lucarelli, L. Ravera, A. Picca, L. Guarnieri, A. Pascale  



P. Gandolfi
GIUSTO VENTI MINUTI
A. Pascale

Nemmeno ero arrivato a Roma e già conoscevo un gruppo di persone che praticavano meditazione buddista. Dicevano: da quando faccio meditazione trovo sempre posto sotto casa. La cosa mi faceva toccare i nervi, perché io non ci riuscivo mai. A trovare posto sotto casa, intendo. Cominciai a pensare a una congiura cosmica ai miei danni, un gruppo di persone convogliava tutte le energie positive del cosmo per prendersi il mio posto auto. Insomma, tutto questo sforzo meditativo per cosi poco. E invece ho dovuto ammettere che la loro era un'ossessione molto seria. Venivo da Caserta, dove la sera parcheggiavo la macchina sotto il balcone di casa. Quelle rare volte' che lasciavo la macchina a venti metri da casa, mio padre mi faceva scendere per spostarla: ma sta così lontana, mettila sotto il balcone. A Roma, se andava bene, la macchina la mettevo a centinaia di metri di distanza da casa. Qualche volta mi è anche successo di vivere un incubo mattutino. Scendevo e non mi ricordavo dove avevo parcheggiato.Per questi motivi, cioè in ordine:

l) per non convertirmi in tarda età e sperare dopo una buona pratica meditativa di trovare questo benedetto posto auto;

2) per non sentire mio padre, che ogni volta che veniva a trovarmi, pretendeva che scendessi a spostare la macchina sotto casa;

3) per non rischiare di chiamare un taxi solo per recuperare la macchina; per tutta questa serie di motivi, decisi di usare solo i mezzi pubblici. Mi feci pure l'abbonamento, e per forza, da quando stavo a Roma incontravo solo persone che dicevano: "Da casa al lavoro ci metto giusto venti minuti. E non sprechi tempo a trovare parcheggio”. Quest'ultima frase mi convinse.


Non potevo combattere contro le energie cosmiche. Allora: ma si, giusto venti minuti. Il fatto è che quelli dicevano cosi, a prescindere dal luogo in cui abitavano. Devo dire la verità, c'erano persone che ribattevano: ma come é possibile? abiti in culo alla luna (che è un'altra frase ricorrente). Ma quelli non si lasciavano scoraggiare: ti dico: venti minuti. In questi anni ho accumulato un lungo elenco: venti minuti in treno dai Castelli al centro, venti minuti di autobus da Montesacro a Porta Pia, venti minuti esatti di metropolitana dall'Eur alla stazione. Alla fine m'avevano convinto. Un grande errore, perché parliamoci chiaro, questo dei venti minuti é un vero mistero. A Roma, nessuno ci mette venti minuti per andare al lavoro, ma nemmeno al cinema, al teatro, della fidanzata, a prendere i figli a scuola ecc. Per un pò mi sono preso pure una bella fissazione, volevo capire il senso di questa frase: giusto venti minuiti. Ho fatto pure le indagini. A partire dai mezzi pubblici. Per esempio, abitavo sulla Prenestina, a viale Telese, e prendevo il tram, giusto venti minuti, m'avevano detto. Ora, a parte il fatto che su quel tram sono svenuto due volte per troppa calca. La prima volta caddi sul grembo di uno deliziosa vecchietta, che mi cedette il posto, e mi disse: forza, fino a Termini sò solo venti minuti. La seconda volta riuscii a scendere, e poi mi accasciai sul marciapiede. L'edicolante che mi soccorse mi disse: meglio a piedi, fino a Termini ci metti una ventina di minuti. Comunque, indagando a fondo, avevo scoperto che da viale Telese a Termini con il 516 ci volevano 55 minuti. Ero appena giunto a questa conclusione e mi stavo rassegnando, quando un mio collega che abitava ai Giardinetti, mi disse: ti conviene prendere il trenino della Casilina: il percorso é protetto, ci metti giusto venti minuti. Dunque, seguii il consiglio e passai al trenino. Ora, il fatto è che quel trenino proprio non camminava: c'é stato, in passato, un errore di progettazione, i vagoni sono molto pesanti, tanto che nei tratti in salita, quando i binari sono bagnati, il treno slitta. Si rischia di dovere scendere e spingere. Ma lasciamo stare. La cosa terribile é, invece, che ferma alle Laziali che è, come dire, una stazione trompe l'oeil. Un inganno. Ti sembra di essere a Termini e invece: fatti almeno mezzo chilometro a piedi! Altri venti minuti. Ecco perché la gente che frequentavo quel trenino sta cosi nervosa. Pure io lo ero, mi stavo quasi per bisticciare con il mio amico: ma dove stanno questi venti minuti’?, e poi scoprii che era catecumenale, e per questo non si rendeva conto del tempo: pregava per tutto il percorso. A Roma le meditazioni e le preghiere un po’ si intrecciano con il problema degli spostamenti. Fatto sta che dissi a me stesso: con le Laziali ho chiuso, mai più! Finché un bel giorno vedo l'annuncio del trenino veloce per Fiumicino aeroporto, Fiumicino Express, 30 minuti. Ah, Finalmente un tempo di percorrenza plausibile. E invece, scopro che il trenino parte dalle Laziali. Ma ditemi voi, quale treno espresso da 30 minuti. Magari al lordo del mezzo chilometro che ti devi fare per prenderlo. Con le valige in mano, poi. Oltretutto bestemmiando, e certo: hai ritardato la partenza, quello, il binario 26, é a pochi passi, Invece no, é un altro trompe l'oeil, sta alle Laziali. Raramente su quel treno, ho incontrato viaggiatori cosi stanchi prima ancora di partire. Cosi esasperati. E che vuoi meditare. Per risolvere il mistero del tempo a Roma, sognai per un po’ di costruire una mappa di percorrenza, onesta. Una guida analitica degli spostamenti. Segnare, di volta in volta, quanto veramente ci vuole da una parte all'altra, era una forma di attenzione verso te stesso e gli altri. Provai a elaborare grafici più o meno empirici, ma poi ho smesso. Ho capito che quella del tempo é una menzogna necessaria. Prendete quelli come me, per esempio. Che vengono dalla provincia. Insieme al sugo fresco, alla mozzarella, alle conserve artigianali, a Roma hanno portato anche i loro passi. In alcune citta di provincia, per andare in un posto, veramente ci metti venti minuti. Non c'é niente da fare, questo tempo, quei passi, proprio l'incedere rituale, tutto questo, a Roma ti manca. E soffri. Cerchi allora di riprodurlo, quel tempo: che ci vuole? Una ventina di minuti. Ma é una costruzione retorica. Molti di noi hanno affittato appartamenti fuori il raccordo. Dalle nostre finestre di notte il panorama ci ha sorpresi. Campagna, luci lontane. Dove siamo? Ci siamo chiesti: da questo posto lunare, riusciremo mai, domattina, a tornare sulla terra? Si, simulando i venti minuti, giorno dopo giorno, ci saremo riusciti. Li, davanti, a pochi passi, la nostra scrivania, piena di pratiche da evadere. Eppure, giorno dopo giorno, qualcosa (un foglio, una penna, una matita), nonostante la nostre buona volontà, sarebbe sfuggita, e giorno dopo giorno, nei nostri cassetti si sarebbero accumulate altre cose. Fin quando, un giorno, aperti i cassetti, gli armadi, davanti quello visione di cose di scarto, ci saremo resi conto dello nostra simulazione. Quì il trompe l'oeil non ero solo lo stazione delle Laziali o il binario 26 di Termini. Di illusioni e doppi fondi, in giro ce n'erano parecchi. E adesso, non solo bisognava ripulire i cassetti e gli armadi ma, soprattutto, fare un doloroso bilancio. I dolorosi bilanci sono una forma di attenzione verso te stesso e gli altri. Perché, in fondo, quell'accumulo di cose era un avvertimento, l'entropia girava a pieno regime e produceva scarti. Quel tempo provinciale, i quattro passi da casa al corso principale, ora, avevano un altro ritmo. Ci pensavamo un po’ su e soffrivamo. Che fare? indagare a tondo o lasciar perdere? Nell'incertezza ci siamo accontentati di una piccola menzogna, quello sui tempi di percorrenza. A fin di bene, naturalmente. Già c’è l’entropia che produce scarti, poi le case fuori dal raccordo da raggiungere, il traffico che bloccava i tram, il posto sotto casa che non si trovava (si vede che le varie pratiche meditative erano sempre più efficaci), insomma, se o questo aggiungevamo una mappa lucida e spietata sui tempi di spostamento a Roma, allora correvamo qualche rischio: l'ultima fascetta che spezza la schiena all'asino. La nostra schiena andava protetta. Meglio uno piccolo menzogna, una simulazione necessaria: è vero, siamo pieni di affanni e cose da fare, ma almeno, da casa al centro ci vogliono giusto 20 minuti. Lo verità è che troppa ci precisione esaspera, come esasperano le troppe indagini, verso se stessi e verso gli altri.
Alcuni misteri vanno bene cosi, i venti muniti ci avrebbero semplificato lo vita, avremmo tirato avanti fino alla prossimo apertura degli armadi.

Ps. Comunque, ho cambiato mezzo di locomozione, da molto tempo giro in moto. Da casa in ufficio, questo valto, ci metto veramente venti minuti esatti. Non mi spaventa niente, né la pioggia, né il caldo d'agosto. Tanto sono convinto della moto che la consiglio a chiunque. Ho fatto una testa così anche al mio amico cotecumenale che prendeva ancora quel trenino, e nonostante la suo fede si era scocciato di fare quel
percorso.
Pss. Pochi giorni fa il mio amico è caduto dalla moto, una Burgman. Quelle moto usate da chi non ha mai posseduto una moto. lnfatti, non la sa guidare, tira il gas e va. Si è fatto due settimane all'ospedale. Sono andato a trovarlo. Tra le altre cose, mi ha detto: ma quali venti minuti, con il traffico della Casilina, almeno il triplo. Appena uscito sarebbe ritornato al trenino: "perlomeno prego”.



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