29/06/13

Stage

La verità è che il rock & roll non ha prodotto grandi album dal vivo. Molto pochi, buoni. Per molti gruppi, però, i dischi live hanno rappresentato perfino una consacrazione definitiva: sul palco gente come i Deep Purple, Who (grandioso il loro Live at Leeds..), Grateful Dead, Allman Brothers hanno espresso la loro massima potenzialità ed energia, che risultava incerta nelle registrazioni in studio; altri sono stati esercizi di pura perizia tecnica: Yessongs, Seconds Out dei Genesis.. Per altri ancora, invece, hanno solo costituito delle raccolte, dei 'best' fatti il più delle volte per ragioni di cassetta.
Questo primo capitolo è dedicato interamente a Stage di David Bowie, meraviglioso disco live e uno degli album "della vita". Seguirà una lista non dei migliori dischi live della storia, ma di quelli rimasti impressi nella memoria di un 'ascoltatore', dischi che per i soliti oscuri motivi occupano un posto speciale nei nostri scaffali..

Stage
Senza ombra di dubbio, è Stage di David Bowie il “mio album Live”. Disco dal suono freddo e futuribile, estremamente avanguardistico pur essendo registrato "dal vivo", con le sue oscure trame nelle elaborazioni strumentali, e con una  dimensione scenica  completamente rivoluzionata: niente più maschere, vecchi costumi: dietro Bowie sul palco, niente di niente, solo una gelida grata di tubi al neon.

da 'Bowie, la trilogia berlinese' - Thomas J. Seabrook (Arcana)
“Perché ritorni nel circo?”, chiese Charles P . Young di Rolling Stone. “Ho bisogno di soldi”, rispose Bowie secco. E cosi, a metà marzo, arrivò a Dallas per cominciare le prove insieme all’ultima incarnazione della sua band. La sezione ritmica naturalmente era il trio, sempre affidabile, composto da Carlos Alomar, George Murray e Dennis Davis. Bowie aveva espresso il desiderio piuttosto ottimista che Brian Eno e Robert Fripp potessero completare questo sestetto di star unendosi a lui per suonare dal vivo le canzoni che avevano contribuito a incidere. Nessuno dei due, tuttavia, voleva impegnarsi per cinque mesi on the road. Bowie disse che per la défaillance di Fripp ed Eno fu costretto a chiamare quattro nuovi musicisti. Nel ruolo di Fripp c’erano il chitarrista Adrian Belew e il violinista Simon House; in quello di Eno due tastieristi, Roger Powell e Sean Mayes. Alla fin fine, si trattava del gruppo più ampio e musicalmente variegato con cui Bowie avesse mai lavorato. Anche se ognuno dei nuovi arrivati proveniva da un back-ground essenzialmente rock, i loro percorsi e stili musicali erano piuttosto diversi.

Forse l’aggiunta più sorprendente alla band di “HEROES” fu Simon House, ex membro del gruppo progressive Hawkwind, al violino elettrico. I motivi per cui Bowie volle due tastieristi (e un virtuoso della chitarra) erano chiari per chiunque avesse ascoltato i due album che aveva pubblicato nel 1977. Né LOW né “HEROES”, tuttavia, sono caratterizzati dal suono del violino, elettrico o acustico che sia. Ciò nonostante, il contributo di House alla band fu efficace senza essere troppo invasivo, ed e perfettamente sensato nel contesto degli altri strumenti. ll più noto dei nuovi arrivi (almeno da una prospettiva contemporanea) era Adrian Belew, che si era costruito un nome nella band di Frank Zappa. Fu proprio quello il contesto in cui Bowie lo vide per la prima Volta. Come il chitarrista ha raccontato in numerose interviste, Bowie era tra gli spettatori di un concerto di Zappa a Berlino a febbraio del 1978. Quando, come al solito, Belew lasciò il palco per consentire a Zappa di eseguire un lungo assolo di chitarra, Bowie colse l’opportunità per reclutare un nuovo musicista. Belew era un sostituto più che capace di Robert Fripp, ma contribuì alle canzoni anche con i suoi stilemi avant-rock. (ironia della sorte, Belew sarebbe poi entrato a far parte di una peculiare incarnazione chitarrocentrica dei King Crimson di Fripp nel nuovo millennio.)

Le prove del tour cominciarono senza Bowie, che aveva festeggiato la line delle riprese di Gigolò partendo per il Kenya. Quando David arrivò a Dallas, esibendo una sana abbronzatura e un solare ottimismo, Carlos Alomar aveva insegnato agli altri musicisti il cuore del materiale di LOW e “HEROES”, su cui si sarebbe naturalmente basata gran parte del set.
Il tour debuttò alla San Diego Sports Arena. Nei giorni precedenti, il musicista aveva detto a chiunque volesse ascoltarlo che i concerti sarebbero stati una vetrina, finalmente, per il “Vero” David Bowie, e che non si sarebbe più affidato ai costumi, alle maschere e ai personaggi di un tempo. Era vero fino a un certo punto: lo show nell’insieme era certamente distante anni luce dal costosissimo tour negli USA in supporto a DIAMOND DOGS. Il palco stavolta era una versione più estrema di quello dello Station To Station tour, con enormi fasci di accecante luce bianca che circondavano e facevano da sfondo ai musicisti.

C’era tuttavia un’atmosfera generale di teatralità, una cosa di cui Bowie a quanto pare non riusciva a (o forse non voleva) liberarsi. Mentre gli altri musicisti potevano, insolitamente, indossare quello che volevano (a volte con risultati comici), Bowie aveva un guardaroba nuovo di zecca, disegnato per lui da Natasha Kornilof, che curava i suoi costumi a intermittenza dal 1967, e che avrebbe poi creato il costume da clown per il video di Ashes to Ashes. Per il tour del 1978, ideò una serie di indumenti apparentemente fuori moda: vaporosi pantaloni a vita alta, magliette in stile militare, camice con disegni sgargianti, e cose del genere.

Anche l’apertura dello show era decisamente teatrale. Come nel tour di Station To Station, non c’era alcun gruppo spalla; quando calavano le luci la band prendeva posto come un’orchestra, con Bowie dietro al suo Chamberlin. Carlos Alomar, con la bacchetta in mano, “dirigeva” una versione desolata e senza parole di Warszawa, che era una scelta piuttosto perversa come pezzo d’apertura, persino per gli standard di Bowie, ma anche in questo caso sembrava appropriata. Era stata questa la canzone, più di tutte le altre, con cui un anno prima Bowie aveva dato il via al suo nuovo sound severo e decisamente europeo.
Dopo Warszawa, il cantante si spostava al Centro del palcoscenico per Heroes che, a prescindere dal suo vero significato, dal vivo non può fare a meno di diventare un inno euforico e vitalistico. Per i successivi quaranta minuti i riflettori rimanevano puntati su LOW e “HEROES.

ln tutto la band tenne 31 concerti in 26 Citta nel Corso di 6 indaffaratissime settimane, nelle quali suonò regolarmente quattro o cinque sere di seguito. La performance al Dallas Convention Centre il 10 aprile venne ripresa da un’emittente televisiva locale, e sei canzoni tratte da quel concerto vennero poi trasmesse con il titolo David Bowie On Stage. A metà del tour, Tony Visconti arrivo dall’ Inghilterra per cominciare i preparativi di quello che sarebbe diventato il secondo album dal vivo di Bowie, STAGE. Visconti aveva mixato l’ultimo live set di Bowie, DAVID LIVE, ma non era soddisfatto delle canzoni, cosi stavolta decise di supervisionare tutte le incisioni e di calarsi nel ruolo di ingegnere del suono. “ll mio piano prevedeva di registrare l’album con estrema Cura”, ha ricordato in un saggio accluso alla ristampa di STAGE nel 2005, “Come se si trattasse di un disco in studio”. A questo scopo utilizzò microfoni ravvicinati per tutti gli strumenti e ne piazzò altri quattro agli angoli dell’auditorium, in tutti i luoghi in cui furono effettuate le registrazioni. Con il costoso studio mobile della RCA, registrò quattro serate di materiale utilizzabile: due alla Spectrum Arena di Philadelphia e altre due al Civic Center di Providence e ai Gardens di Boston. Secondo il produttore, STAGE non contiene alcuna sovraincisione (una pratica sorprendentemente comune ancora oggi per gli album dal vivo), in parte perché le performance erano ottime, ma anche perché non ci sarebbe stato il tempo, dato che Bowie parti direttamente per il segmento europeo del tour al termine di quello americano. Visconti, tuttavia, esibì qualche trucco su Station to Station: “ l’inizio e la fine sono quelli di Boston, ma quello che c’è in mezzo è il concerto di Providence”.” E’ una prova della qualità assoluta dei musicisti (e dell’abilita di Visconti) il fatto che i tagli siano impercettibili.

Visconti aveva avuto l’idea, che a quanto pare Bowie “adorava”," di non rispettare la sequenza delle tracce cosi com’erano state eseguite durante i concerti, ma di seguire un vago criterio cronologico. Quindi l’album si apriva con Hang On to Yourself seguita da altre quattro tracce di ZIGGY STARDUST e da Station to Station, Fame, TVC 15: non era per niente una fotografia del Bowie del 1978. Soltanto nella seconda metà di questo disco doppio, effettivamente, gli ascoltatori potevano sentire una parte del materiale del periodo berlinese, e anche li l’arrangiamento delle canzoni era decisamente problematico. La terza facciata e composta interamente da strumentali (che nei concerti erano stati appositamente distanziati), lasciando le canzoni cantate del 1977, come Heroes”e What in the World alla quarta.

STAGE era pronto per la pubblicazione in estate ma venne ritardato fino a settembre per una disputa tra Bowie e la sua casa discografica, la RCA. I rapporti tra le due parti negli ultimi tempi si erano deteriorati. Da tempo Bowie era insoddisfatto perché a suo dire, malgrado fosse la star più grande dell’etichetta, era al verde; la RCA invece non era propriamente felice della direzione presa dal cantante con i suoi due album piu recenti. Per dirla tutta, le vendite di LOW e “HEROES” non si avvicinarono neanche lontanamente ai numeri raggiunti da YOUNG AMERICANS e STATION TO STATION, soprattutto in America; e dal punto di vista degli affari limitarsi a fare musica “importante” non è abbastanza.


STAGE ricevette scarsa attenzione dalla stampa, comparendo soltanto a pie di pagina in chiusura delle recensioni su molte riviste specializzate e sui giornali e, pur entrando nella top 5 britannica, vendette poco al confronto della produzione di Bowie negli anni Settanta. Fortunatamente, quando ventisette anni dopo arrivò il momento di ristampare l’album, Tony Visconti fece ben più che sfoggiare il solito trucco delle rimasterizzazioni, cioè alzare il volume. lnvece tornò sui nastri originali, li ripulì e rimise insieme l’album nell’ordine che avrebbe dovuto avere sin dall’inizio, cominciando con Wazrszawa, seguita da ‘Heroes e così via. L’edizione di STAGE uscita nel 2005 contiene anche tre canzoni lasciate fuori nell’album originale, tra cui una versione feroce di Stay, ed è mixata in modo superbo, sia in stereo sia in 5.1 surround. Pochi album live hanno un suono splendido come questo, anche se la decisione di Visconti di togliere i suoni del pubblico tenendoli solo all’inizio e alla fine delle canzoni a volte fa sorgere il dubbio se si tratti davvero di un disco dal vivo. Ma forse questo è un riflesso dell’abilita della band, che non ha neppure un capello fuori posto per un’ora e mezza di musica.

Registrato: dal vivo alla Spectrum Arena, Philadelphia, Pennsylvania, 28-29 aprile 1978 e al Civic Center, Providence, Rhode lsland, 5 maggio 1978.

David Bowie: voce, sintetizzatore;
Carlos Alomar: chitarra, cori;
George Murray: basso, cori;
Dennis Davis: batteria, percussioni;
Adrian Belew: chitarra, cori;
Sean Nlayes; piano, tastiere, cori;
Simon House: violino; Roger Powell: sintetizzatori, cori.


ARTIST: David Bowie
TITLE: Stage
LABEL: EMI Records
GENRE: Rock
TIME: 85:35 min
RIP DATE: Feb-18-2005
RELEASE DATE: Feb-21-2005

20 digitally remastered live recordings from 1978recorded & mixed by Tony Visconti

Track List:

Cd1

01. Warszawa 06:47
02. "Heroes" 06:11
03. What In The World 04:17
04. Be My Wife 02:36
05. Blackout 03:53
06. Sense Of Doubt 03:07
07. Speed Of Life 02:40
08. Breaking Glass 03:22
09. Beauty And The Beast 05:01
10. Fame 04:03


Cd2

01. Five Years 03:58
02. Soul Love 02:55
03. Star 02:26
04. Hang On To Yourself 03:22
05. Ziggy Stardust 03:28
06. Art Decade 03:01
07. Alabama Song 03:56
08. Station To Station 08:41

09. Stay 07:18
10. TVC15 04:33


Release Notes:

DAVID BOWIE Stage (2005 UK 2-CD album set featuring
20 digitally remastered live recordings from 1978
recorded & mixed by Tony Visconti comprising of
tracks primarily from the 'Low' & 'Heroes' albums
with a few suprises from 'Ziggy Stardust' thrown in
to reflect his new sound - in the original running
order restored including 'Heroes', 'Ziggy Stardust'
plus previously unreleased tracks 'Be My Wife' &
'Stay', presented in extensive digipak picture
sleeve + PVC






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