11/11/14

Non solo Cucchi: morte di un maestro elementare

Morte di Franco Mastrogiovanni, maestro elementare, anarchico

Giustizia per Franco

Men­tre non accen­nano a pla­carsi le aspre pole­mi­che per la sen­tenza del caso Cuc­chi, — su ricorso della Pro­cura del Tri­bu­nale di Vallo della Luca­nia — è ini­ziato il pro­cesso di secondo grado ai sei medici e ai dodici infer­mieri respon­sa­bili dell’agghiacciante morte di Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni, il «mae­stro più alto del mondo» — come lo ave­vano affettuosamente defi­nito i suoi alunni — tor­tu­rato senza motivo e senza ragione in un ospe­dale pub­blico che lo avrebbe dovuto curare. La lieve con­danna dei medici a pene tra i due e i quat­tro anni di reclu­sione e l’assoluzione degli infer­mieri, pro­nun­ziata il 30 ottobre 2012, venne impu­gnata dalla Pro­cura di Vallo della Lucania.

Nelle mani dello Stato
Mastro­gio­vanni è rima­sto legato inin­ter­rot­ta­mente e incre­di­bil­mente ai polsi e alle caviglie per 88 ore in un letto del reparto di psi­chia­tria dell’ospedale pub­blico di Vallo della Luca­nia senza rice­vere né da man­giare né da bere e — pur non essendo recluso — senza poter rice­vere la visita dei fami­liari. Com­ple­ta­mente abban­do­nato, i medici ne hanno sco­perto la morte sei ore dopo che era avvenuta. Anche Mastro­gio­vanni era stato «affi­dato nelle mani dello Stato», che nell’estate del 2009 lo ha prima tor­tu­rato e poi con­se­gnato cada­vere ai fami­liari e agli amici, facen­dolo pas­sare da una calda spiag­gia di Accia­roli al freddo marmo dell’obitorio dell’ospedale di Vallo della Luca­nia, dove il cadavere pre­senta ferite san­gui­nanti e pro­fonde ai quat­tro arti. La tra­gica vicenda, accaduta in peri­fe­ria e in un pic­colo paese, è un ter­ri­bile racconto. Mastro­gio­vanni trascorre le vacanze ad Accia­roli quando la notte del 30 luglio 2009 il sin­daco di Pol­lica (dove ha inse­gnato, ben voluto dagli alunni), Angelo Vas­sallo, tele­fona al tenente dei vigili urbani ordi­nan­do­gli di fer­mare l’insegnante — «col­pe­vole» di uscire dall’isola pedo­nale con la mac­china — per sot­to­porlo a Trat­ta­mento Sani­ta­rio Obbli­ga­to­rio, che non è stato richie­sto da nes­sun medico.


Una strana cac­cia all’uomo
Quella notte Gra­ziano Lamanna lo inse­gue ma non rie­sce a fer­marlo. La mat­tina del 31 rico­no­sce la mac­china, e, chie­sto l’intervento dei cara­bi­nieri per ese­guire un TSO, inse­gue senza motivo il povero e tran­quillo mae­stro ele­men­tare, che non ha com­messo nes­sun reato, non ha spac­ciato, non ha rubato, non ha vio­len­tato, non ha fatto uso di droga. Lo inseguono pas­sando dal ter­ri­to­rio del Comune di Pol­lica a quello di San Mauro Cilento e di Montecorice. Poi Mastrogiovanni si ferma al vil­lag­gio nel quale tra­scorre le vacanze che si trova nel comune di San Mauro Cilento ed entra in mare. Dopo qual­che ora arriva il dott. Car­melo Pel­le­grino che, senza visi­tarlo, cer­ti­fica che è affetto da disturbo schizo-af­fet­tivo e dispone il TSO. La guar­dia costiera allon­tana i bagnanti dalla spiag­gia. La dott.ssa Di Mat­teo (spe­cia­liz­zata in medi­cina dello sport) con­va­lida il TSO. Dal vil­lag­gio di un altro comune (San Mauro Cilento) il tenente dei vigili tele­fona al sin­daco di Pol­lica Angelo Vas­sallo che, senza visio­nare i cer­ti­fi­cati medici, dispone il rico­vero all’ospedale di Vallo della Luca­nia, al quale Mastro­gio­vanni tenta di sot­trarsi con parole pro­fe­ti­che: «Non mi fate por­tare all’ospedale di Vallo, per­ché là mi ammaz­zano!», ma nes­suno gli dà retta.

Angelo Vas­sallo com­mette un ille­cito per­ché non ha nes­suna com­pe­tenza nel ter­ri­to­rio di San Mauro La Bruca e per­tanto non può disporre il TSO, del quale ha par­lato la sera prima in assenza di qual­siasi docu­men­ta­zione medica, che solo la mat­tina del 31 i medici pro­du­cono, pro­ba­bil­mente solo per ubbi­dire ai voleri del sin­daco. I fami­liari e il Comi­tato Verità e Giu­sti­zia denun­ziano il sin­daco, ma il tri­bu­nale di Vallo della Luca­nia, per l’avvenuto e ancora miste­rioso assas­si­nio del primo cit­ta­dino di Pol­lica, respinge il ricorso e l’illegittima e ille­gale con­dotta del sin­daco e dei medici non viene affatto indagata.
Arri­vato in ospe­dale, Mastro­gio­vanni pas­seg­gia tran­quil­la­mente per il cor­ri­doio, dopo mezz’ora si addor­menta e gli infer­mieri lo legano — senza alcun motivo — ai quat­tro arti con delle fascette di pla­stica al letto di con­ten­zione e lo scio­glie­ranno solo sei ore dopo il decesso. Giu­sti­fi­cano la con­ten­zione soste­nendo che Mastro­gio­vanni — cono­sciuto anche come peri­co­loso «noto anar­chico», quando era una per­sona asso­lu­ta­mente mite, paci­fica e buona — in ospe­dale è vio­lento e aggressivo.

Un video lungo quat­tro giorni
Ma le ferite pre­senti sul cada­vere sono inspie­ga­bili, fino a quando non si sco­pre che il rico­vero è stato fil­mato dalla video­sor­ve­glianza interna dell’ospedale. È un video che registra per quat­tro lun­ghi inter­mi­na­bili giorni, minuto per minuto, secondo per secondo quello che è avve­nuto, con Mastro­gio­vanni che, amante della libertà, si dimena e implora aiuto nella totale indif­fe­renza dei medici e degli infermieri.

Francesco Mastrogiovanni in ospedale
Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni in ospedale
È l’unico caso al mondo ad avere que­sta straor­di­na­ria e inop­pu­gna­bile docu­men­ta­zione (che è inte­ra­mente visi­bile su inter­net) che inchioda i medici alle loro gra­vis­sime responsabilità.
Al pro­cesso di primo grado il pri­ma­rio Michele Di Genio è con­dan­nato alla pena com­ples­siva di 3 anni e 6 mesi di reclu­sione; Rocco Barone, che dispose senza anno­tarla in car­tella la con­ten­zione, a 4 anni, stessa pena a Raf­faele Basso; 3 anni a Ame­rigo Mazza e a Anna Angela Ruberto, di turno la notte del 3 ago­sto 2009 durante la quale il cuore di Mastro­gio­vanni cessò di bat­tere, i quali si accor­sero del decesso sei ore dopo. Michele Della Pepa è con­dan­nato a 2 anni, con sospen­sione della pena. Per tutti l’interdizione dai pub­blici uffici per 5 anni. I dodici infer­mieri ven­gono invece assolti.

Ora la sen­tenza di Vallo sarà esa­mi­nata dalla Corte d’Appello di Salerno, alla quale — dopo il caso Cuc­chi — guarda con tre­pi­da­zione l’Italia civile, chie­dendo, insieme ai fami­liari, agli amici e agli ex alunni, ai giu­dici saler­ni­tani verità e giu­sti­zia per Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni e per quanti — con pra­ti­che cru­deli e medie­va­leg­gianti — sono stati tor­tu­rati, legati e con­te­nuti nei reparti di psi­chia­tria degli ospe­dali italiani.
dal Manifesto.it
GIUSTIZIA PER FRANCO

Morì
In tre giorni e tre notti
Legato a un letto d'ospedale.
L'ospedale di San Luca.
Il polso destro gli sanguinava
Una donna delle pulizie arrivò
E tolse le macchie dal pavimento.

Era estate
Lui fumava una sigaretta
In un campeggio
Di San Mauro Cilento
I carabinieri circondarono il suo bungalow.
Lui scappò in mare
Raggiunse una secca.
Dietro di lui le navi della Guardia Costiera
Sulla spiaggia le forze dell'ordine.
Ed egli disse:
«Se mi portano al San Luca
Non ne esco vivo»

Le forze dell'ordine lo conoscevano
E lui conosceva loro.
Dissero, mentendo:
«Ha provocato quattro incidenti»
Il sindaco ordinò di rinchiuderlo.
Il sindaco si chiamava Angelo Vassallo.
Quello che costruì il porto
Quello che morì l'anno dopo
Flagellato dalla camorra.
Quello che qui non è l'eroe.

Egli già era stato rinchiuso.
Un marchio lo inseguiva:
"Pericoloso anarchico".
Un giorno lo portarono in una stanza
Lo picchiarono.
Fu perché reagì a una multa

Passò quindici anni lontano.
Andò a Bergamo a fare il suo lavoro
Il maestro di scuola elementare
Lì amò una donna.
Poi tornò.

Non aveva vent'anni
Litigava
Una lama gli entrò nella coscia
Cadde
Un suo compagno prese quel coltello
E lo usò per uccidere.
Andarono entrambi in prigione.
Il suo amico rimase lì per 12 anni.
Lui uscì prima.
Ma era solo una pausa.

Lui era Franco Mastrogiovanni
Mentre moriva
C'era una telecamera
Ora è in rete
Muore ogni giorno
Al diavolo piace guardare


LEO


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